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rferl - 25 novembre 2024
Si stanno tenendo le Elezioni per eleggere il nuovo Presidente della Romania, e il candidato indipendente Călin Georgescu ha vinto il primo turno, ottenendo il 22,94% dei voti rispetto a tutti gli altri candidati pretendenti; ha costruito il suo discorso politico attorno a parole chiave: il popolo romeno, la dignità del popolo romeno, la pace, la famiglia, Dio - parole davvero sentite ed importanti per più di due milioni di elettori che lo hanno già scelto come il Presidente che da tanto attendevano. Si presenterà al ballottaggio il giorno 8 dicembre 2024 a tutti i cittadini della Romania per essere confermato, rivotato ed eletto. "Grazie al popolo rumeno per l'impegno, il sacrificio e la responsabilità", "è stato uno straordinario risveglio delle coscienze", ha affermato Călin Georgescu poco dopo la chiusura delle urne del primo turno delle elezioni presidenziali, domenica 24 novembre, quando le stime dei risultati lo collocavano tra i primi classificati. Ha vinto il primo turno con 2.120.041 voti, quasi il 23% delle opzioni degli oltre 9,2 milioni di elettori rumeni che si sono recati alle urne.



Sostegno del Dipartimento al Candidato Călin Georgescu
La Dott.ssa Izabela Pulpan - che da anni si è prodigata a difesa dei bambini e della famiglia, mettendosi in prima linea a difesa di cittadini romeni costretti a lavorare oltre confine a cui venivano violati i propri diritti e calpestati nei propri valori - non poteva non accorgersi della voglia di cambiamento e di ritorno ai Valori della Famiglia della Romania con il candidato Presidente Călin Georgescu il quale ha dichiarato che "Rimaniamo direttamente legati ai valori europei, ma dobbiamo ritrovare i nostri valori".
Dal Dipartimento Difesa Bambini e Famiglia - dalla Diaspora - dai cittadini romeni nel mondo, si promuove in ogni modo in una sola voce che si alza e fa appello a tutti - amici e parenti affinché si voti Călin Georgescu, visto dal Dipartimento come il vero promotore dei valori romeni e visionario che promuove concretezza per un ambiente pulito - energia pulita e futuro migliore per le nuove generazioni.
A risultati ottenuti, Călin Georgescu, ha detto dopo la fine della votazione: "Questa notte il popolo romeno ha gridato per la pace, e lo ha fatto gridando a voce altissima". Con lui Presidente, nella disputa Ucraina - Russia, interessa il popolo romeno in Pace con tutti. Infatti la base della pace, nella società e nel paese, è stata posta dall’aspirante Presidente Călin Georgescu anche a livello nazionale, più precisamente nella famiglia. Non si può vivere in un clima di tensione e quindi bisogna imparare a cercare la pace, purtroppo per molti rumeni, soprattutto quelli costretti a cercare lavoro all'estero, con bambini lasciati nel paese ai nonni a prendersi cura di loro, la famiglia non è più quella di una volta.
La Romania avrà un futuro migliore con Călin Georgescu
La famiglia è il tema più sentito nel discorso del candidato indipendente, che lo presentata come “la spina dorsale della società”, e il suo esempio personale, di uomo sposato e attivamente sostenuto dalla moglie, con tre figli, dona credibilità, nella famiglia, la comunità, la nazione, il popolo.
Călin Georgescu il figlio del popolo, ha svelato un programma lungimirante in cui presenta la Sua visione per lo sviluppo della Romania che tutti i cittadini romeni aspettano da tanto tempo.

Il 26 luglio 2024 è stato approvato a Montecitorio il testo che qualifica come reato la maternità surrogata, anche se commesso all’estero, sottolinea che gli esseri umani non sono cose.
corrieredellasera - 16 ottobre 2024
La firma era attesa da giorni ma finora dal Quirinale non erano arrivate notizie. Ma il nodo era già sciolto, in realtà. Il disegno di legge per rendere la maternità surrogata «reato universale», approvata in via definitiva dal Senato, il 16 ottobre, sarà in Gazzetta ufficiale lunedì 18 novembre. La legge è stata firmata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo scorso 4 novembre, prima della partenza per la sua visita in Cina.




Va ricordato che la legge interviene sull’articolo 12 della legge n. 40/2004 che, al comma 6, prevede i delitti relativi alla commercializzazione di gameti o di embrioni e alla surrogazione di maternità, i quali si esplicano attraverso le condotte tipiche della realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione, individuate dal comma 6, punendo chiunque le metta in atto con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600 mila a un milione di euro.
La novità consiste nell'aggiunta alla fine del comma 6 dell’art. 12 della legge n. 40/2004, per sottoporre alla giurisdizione italiana le condotte poste in essere dal cittadino italiano, riferibili al delitto di surrogazione di maternità, pure se commesse in territorio estero. In ipotesi di accertamento del reato, saranno per l’effetto applicate le pene previste dal primo periodo. La nuova normativa allarga il campo delle persone perseguibili e punisce chi ha un figlio con la Gpa (gestazione per altri) anche se va all’estero. In pratica, si tratta di un reato per cui si viene puniti ovunque l'azione sia stata compiuta nel mondo.
L'introduzione del «Reato Universale» è stata fortemente voluta dalla maggioranza del Parlamento Itaiano e dalla Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni: «una pratica disumana che alimenta un mercato transnazionale spacciandolo con un atto di amore» l'aveva definita a commento dell'approvazione definitiva della legge, avvenuta nell'ottobre scorso in Senato.
L'introduzione del «Reato Universale» è stata fortemente voluta dalla maggioranza del Parlamento Italiano e dal Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni: «una pratica disumana che alimenta un mercato transnazionale spacciandolo con un atto di amore» l'aveva definita a commento dell'approvazione definitiva della legge, avvenuta nell'ottobre scorso in Senato.
Ora la Maternità Surrogata in quanto "reato universale" sarà penalmente perseguibile con la reclusione e multe salatissime
I bambini e la Famiglia plaudono all'approvazione della legge: è una pietra miliare, per l'abolizione del supermercato internazionale dei bambini che, citando le stime del Global Market Insights, si sostiene possa valere intorno ai 130 miliardi di dollari e potrebbe arrivare a 150 entro il 2035.
La grande novità della legge è che da subito, gli italiani che si recheranno all'estero per entrare poi in Italia con un figlio fatto partorire da una donna esterna alla coppia, saranno penalmente perseguibili per legge anche se rientrano da Paesi la cui giurisdizione consente la Gpa, come la tanto osannata Ucraina di Zelensky che poggia le fondamenta della Economia Ucraina proprio con la vendita di bambini e il mercato delle donne per affittarne l’utero, calpestando le fondamenta dei Diritti Umani e delle Dignità oltre a violare i Diritti del Fanciullo, ritenendolo addirittura come un banale e semplice oggetto da commerciare.
Le multe sono necessarie per arginare anche il pensiero di provarci. Per il resto le sanzioni che si applicano erano già previste dall'articolo 12 della legge n. 40/2004 che, al comma 6, prevede che coloro che commettano delitti relativi alla commercializzazione di gameti o di embrioni e alla surrogazione di maternità siano sanzionati con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600 (seicento) mila ad 1 (uno) milione di euro.
I contestatori sono tutti coloro che violano la presente Legge e intendono mercificare la donna nonchè violare i Diritti dei Bambini.

"Stop Obbligo Vaccini ai Bambini"
"Evviva! Presentato finalmente un decreto in tema sanitario. "Come promesso in sede di conversione (del decreto sulla sanità, ndr) provvederò a depositare un emendamento per l'abolizione della legge Lorenzin" sugli obblighi vaccinali dei bambini (oggi in vigore dai zero ai sedici anni).



Il decreto firmato nel 2017 dall'allora esponente politico Beatrice Lorenzin in veste di Ministro della Salute prevede l'obbligatorierà di 10 vaccini, da quello contro la poliomelite all'antitetanica, oltre ai vaccini contro pertosse, rosolia, parotite, morbillo e varicella. Dall’ Ansa: all'immunizzazione si sottopose anche lo stesso Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che postò su Twitter l'immagine della sua vaccinazione con un commento: ''prevenzione e' la prima arma''.
Oggi: Presentato finalmente un decreto in tema sanitario. "Evviva!" "Come promesso in sede di conversione (del decreto sulla sanità, ndr) provvederò a depositare emendamento per l'abolizione della legge Lorenzin" sugli obblighi vaccinali dei bambini (in vigore dai zero ai sedici anni), ha scritto lunedì il senatore Claudio Borghi su Twitter.
Ospite di Tagadà, su La7, Borghi ha così argomentato la sua proposta: "Dovrebbe essere abbastanza chiaro che gli obblighi non funzionano. L'obbligo che è stato portato avanti con il Covid (dopo tantissimi episodi dall’esito negativo prive di risposte) ha portato a un rifiuto di tutte le altre vaccinazioni, cioè il livello di copertura vaccinale sta scendendo in modo verticale, i dati sono questi. Gli obblighi creano rabbia, rifiuto e sconcerto".
I camici bianchi però non ci stanno. E mettono in guardia dai rischi che potremmo correre nel caso in cui l'emendamento dovesse avere l'ok della maggioranza. "La nostra legge sui vaccini obbligatori per i bambini è stata presa d'esempio in moltissimi paesi" dice all'Adnkronos l'infettivologo Matteo Bassetti. "La proposta di toglierla in un momento in cui c'è una recrudescenza del morbillo è scellerato. Quindi dispiace che i politici, alcuni politici, non vogliano guardare i dati del ritorno di alcune malattie, dal morbillo alla pertosse.
Roberto Burioni affida ai social un commento sardonico, e va all'attacco di Borghi anche il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta.
La proposta che arriva da un senatore è incommentabile e, appunto, scellerata. I politici non dovrebbero invadere il campo della scienza, perché fanno solo danni come accade quando negano l'esistenza del Covid".
Quindi i Politici possono mettere gli obblighi ma non toglierli?
adnkronos - 05 giugno 2024
I genitori sono le persone più importanti nella vita di un bambino e hanno il compito di guidarlo al meglio così da diventare un adulto con sani valori ed equilibrato, così da poter essere da grande ancora migliore dei propri genitori naturali e sostenerli quando diverranno nonni e anziani.



tag24 – sabato 1 giugno 2024
Oggi 1° giugno 2024 è la Giornata Mondiale dei Genitori. Questa celebrazione nasce nel 2012 quando le Nazioni Unite decisero di rendere omaggio ai sacrifici, all’amore e alla dedizione di tutti i genitori del mondo per i propri figli.
Uno degli obiettivi di questa giornata è anche quello di riconoscere l’importanza cruciale di mamma e papà nel garantire il benessere e lo sviluppo della prole. Oltre al celebrare il loro ruolo indispensabile nella crescita e nella protezione dei propri figli.
I genitori, infatti, ricorda l’Onu, rappresentano il primo punto di riferimento per i bambini, la guida e il sostegno, nonché l’idea dell’amore incondizionato in grado di formare il futuro adulto.
Infatti una famiglia forte e amorevole è fondamentale per il benessere dei bambini e per la costruzione di una società più giusta e sostenibile.
Per questo la Giornata Mondiale dei Genitori assume un significato importantissimo sia nel contesto familiare sia all’interno delle sfide che i genitori devono affrontare quotidianamente.
Giornata mondiale dei Genitori 2024: le origini
La Giornata mondiale dei Genitori si comincia a sviluppare negli anni ’80, quando le Nazioni Unite rivolgono l’attenzione alle questioni legate alla famiglia.
Nel 1983, infatti sulla base delle raccomandazioni del Consiglio Economico e Sociale, la Commissione per lo Sviluppo Sociale, nella sua risoluzione sul Ruolo della famiglia sollecita il Segretario Generale a sensibilizzare i decisori e il pubblico sui problemi e i bisogni familiari, senza tralasciare le efficaci strategie in grado di affrontarli.
Nel 1989 poi l’Assemblea Generale proclama il 1994 come “Anno Internazionale della Famiglia”, e nel 1993 viene istituito il 15 maggio come la Giornata Internazionale delle Famiglie.
Dal 2000 a seguito di continue emergenze nei confronti di genitori e bambini seguono una serie di segnalazioni da parte di Difesa Bambini e Famiglia alle varie Istituzioni Internazionali per attenzionarle.
Infine, il 17 settembre del 2012, l’Assemblea Generale decide che 1° giugno di ogni sarà la Giornata Mondiale dei Genitori, da celebrare annualmente in onore dei genitori di tutto il mondo. Stabilendo chiaramente gli obiettivi di questa giornata.
Con l’istituzione di tale giorno tutti gli Stati Membri sono tenuti a coinvolgere attivamente la società civile, specialmente i giovani e i bambini per sensibilizzare tutti sul tema.
Il tema di quest’anno
La tematica del 2024 è “La promessa del gioco educativo”. Infatti per tutto il mese di giugno, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, UNICEF insieme ai suoi partner promuoveranno consigli e supporto esperto per i genitori, toccando molti argomenti.
Dalle basi scientifiche del gioco alle attività coinvolgenti per tutta la famiglia, fino alla sicurezza online. Tutto questo con l’obiettivo di garantire che le esperienze digitali dei bambini siano sicure e positive.
UNICEF ha poi prodotto una serie di podcast, dal titolo “Genitorialità Rinnovata”, che esplorano l’impatto della pandemia sulla vita delle famiglie e offrono informazioni e consigli utili a genitori e figli.
Papa Francesco firma la Carta di Assisi spiegata ai bambini
i bambini sono il futuro e dobbiamo aiutarli a comprendere come si vive il presente
avvenire - mercoledì 22 maggio 2024
Giornalisti in udienza dal Pontefice con il documento semplificato per renderlo comprensibile ai più piccoli. E il presidente Ucsi, Varagona, consegna a Francesco il libro "Comunicare". Una delegazione di giornalisti, nell’ambito dell’udienza generale di mercoledì 22 maggio 2024, è stata ricevuta dal Pontefice in piazza San Pietro a pochi giorni dalla Giornata mondiale dei bambini del Vaticano preparata nel 25 e 26 maggio. La carta, predisposta da padre Enzo Fortunato (coordinatore della Giornata mondiale dei bambini organizzata appositamente per la prima volta dal Vaticano e direttore della Comunicazione della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano) con Iside Castagnola e Roberto Natale, riprende i principi e i contenuti per una “buona comunicazione” già presenti nella Carta di Assisi promossa dall’associazione Articolo 21 e dalla Tavola della Pace, e sottoscritta dall’Ordine dei giornalisti ed altri organismi di categoria.
I giornalisti incontrati dal Pontefice
La delegazione che, con padre Fortunato, ha consegnato la carta al Papa era composta da Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti; Paola Spadari, segretaria nazionale dell’Ordine; Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio; Enzo Varagona, presidente Ucsi (Unione cattolica stampa italiana, che ha contribuito fattivamente alla stesura della Carta di Assisi); Elisa Marincola, portavoce di Articolo 21; Giuseppe Giulietti, coordinatore dei presìdi di Articolo 21; Iside Castagnola di Articolo 21, avvocata esperta in diritto a tutela dei minori; Roberto Natale, Graziella Di Mambro e Antonella Napoli, del direttivo di Articolo 21; Angelo Chiorazzo della cooperativa Auxilium.
Le parole di padre Fortunato e di Bartoli
In mattinata, dopo l’udienza – come riporta il sito dell’Ordine dei giornalisti – padre Fortunato e la delegazione dei giornalisti hanno illustrato, presso il Palazzo della Canonica in Città del Vaticano, la Carta di Assisi per i bambini. «Il sostegno del Pontefice per la diffusione della Carta è significativo – ha affermato padre Fortunato – ci ha incoraggiato ad andare avanti». Per Bartoli «la Carta traduce in linguaggio semplice l’essenza dei messaggi del Papa sull’informazione e la comunicazione, in particolare sulla necessità utilizzare in modo corretto il web e i social che non sono solo strumenti, ma ambienti che fanno parte della nostra vita».
Varagona: donato al Papa il volume “Comunicare”
Varagona ha ricordato l’impegno di Francesco sulle comunicazioni sociali e il libro dell’Ucsi che raccoglie tutti i messaggi del Pontefice sul tema. «Dal Papa – ha affermato – ci è giunta una grande sostegno nel proseguire questo cammino». Lo stesso Varagona, sempre durante l’udienza, ha consegnato al Papa il volume “ComunICare. Venti giornalisti in dialogo con il Pontefice”, pubblicato con la Lev (Libreria editrice vaticana), che raccoglie i dieci messaggi del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali commentati da venti firme autorevoli del giornalismo italiano, fra le quali il direttore di Avvenire Marco Girardo
Dott.ssa Isabella Pulpan: i bambini sono il futuro e dobbiamo aiutarli a comprendere come si vive il presente
Probabilmente con una rivisitazione della Carta di Assisi si potrebbe iniziare a creare una sorta di filo conduttore con i bambini per aiutarli a crescere, facendo capire direttamente ai bambini con parole semplici i comportamenti che bisogna assumere nelle svariate condizioni; ovviamente segnalando che i genitori sono la loro forza e che a loro e agli adulti che hanno vicino, di chiedere sempre consigli su cosa fare in certe situazioni, per scegliere bene, ma con un occhio molto vigile sui sistemi di comunicazione che si utilizzano, ed iniziare, col pensiero di non fare agli altri ciò che non si vuole che venga fatto a se stessi già da piccoli, perché l’informazione è importante e deve essere guidata da valori essenziali se vogliamo il rispetto dei diritti umani, una valutazione per far comprendere i principali concetti di convivenza ed il valore etico di un linguaggio più semplice che tenga conto dei valori e delle persone già da bambini per farli divenire domani grandi uomini
Formare alla buona comunicazione i giornalisti. E i bambini
Tornando alla conferenza stampa: D’Ubaldo ha sottolineato l’importanza dell’evento. «Realizzeremo – ha annunciato – dei corsi di formazione per giornalisti allo scopo di far conoscere e diffondere la Carta di Assisi e la sua versione per i più piccoli». Giulietti ha rimarcato la spinta di papa Francesco a promuovere ulteriormente la diffusione della Carta e ha lanciato la proposta di veicolare il documento anche in ambito europeo «per condividere e diffondere i valori etici per una corretta informazione».



Il Manifesto d'Assisi, contro discorsi d'odio e crescente violenza verbale e scritta, usata soprattutto sul social media, nasce a seguito dell'appello lanciato il 30 settembre 2017 da Assisi, in occasione dell'incontro dedicato alle “barriere mediatiche”, alle “periferie dimenticate” e alla “lotta alle mafie”.
La Carta traduce ai bambini in linguaggio semplice l’essenza dei messaggi del Papa sull’informazione e la comunicazione. Dal 22 maggio 2024 si sottolinea in particolare la necessità di utilizzare in modo corretto il web e i social che non sono solo strumenti, ma ambiente che fa parte della nostra vita.
Francesco «minore tra i minori» umile tra gli umili, 24 febbraio 1208. Applicò ai compagni l'appellativo minores, perché lui stesso voleva incarnare l'"uomo del popolo". Così, lo spirito di condivisione è esempio concreto di comunione dell'anima con Dio, Gesù il Cristo, testimonianza di fede e di amore cristiano.
Salvatore Tropea – Città del Vaticano
Un decalogo, unico nel suo genere e mai prodotto fino ad ora, che rappresenta una guida per il giornalismo e il mondo dell’informazione affinché non ci siano più muri mediatici e parole usate come pietre. È l’obiettivo della “Carta di Assisi”, firmata questo pomeriggio a Roma, nella sede della Fnsi, per spronare una stampa attenta alla costruzione di ponti e di pace. All’evento, che ha coinvolto numerosi giornalisti, associazioni, religiosi, intellettuali e semplici cittadini, hanno preso la parola, tra gli altri, il prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini; il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro; l’imam della Grande Moschea di Roma, Saleh Ramadan Elsayed; la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello e il direttore della Sala Stampa della Basilica di Francesco d’Assisi, padre Enzo Fortunato.
Ruffini: Carta che parte dal basso per unire
Il nuovo documento “parte dal basso e viene consegnato a chi oggi fa comunicazione, cioè tutti” ha affermato il prefetto Paolo Ruffini nel corso del suo intervento. “Oggi – ha sottolineato – la comunicazione è la parola d’ordine per chiunque, tanto dei professionisti quanto per qualsiasi utente”. Per questo motivo, secondo Ruffini, “bisogna necessariamente partire dal basso per contrastare il fenomeno dell’odio, della violenza e recuperare quindi il valore delle parole”. Il web in particolare ha una funzione importante: “non va demonizzato – ha spiegato il prefetto – anche perché è nato proprio per unire”. La Carta di Assisi, quindi “andrebbe firmata da chiunque e i professionisti la dovrebbero vedere come una sorta di giuramento di Ippocrate”.
Padre Spadaro: un documento per tutti
Dello stesso avviso è padre Antonio Spadaro. “L’informazione – ha detto – costruisce la realtà e il nostro modo di vivere insieme. Questi aspetti vengono recepiti molto bene dalla Carta”. Per Spadaro, comunicare significa “creare in luogo di comprensione della realtà e dell’altro, quindi un ambiente che dovrebbe essere esclusivamente di pace”. Anche il direttore de La Civiltà Cattolica ha poi ribadito l’importanza del documento “non solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti gli utenti e i cittadini. Anche per chi usa molto i social network”.
Contrastare le parole di odio
A portare il suo commento anche la presidente della Comunità Ebraica della Capitale, Ruth Dureghello. In particolare il contrasto alla violenza è fondamentale “per quanto riguarda il mondo religioso”, ha affermato. “Avere fede – ha spiegato – significa credere innanzitutto nella pace, nel rispetto reciproco e nella dignità di tutti”. Su questi temi “l’informazione – ha concluso – può fare tanto e la Carta di Assisi può essere un importante punto di inizio”. L’importanza delle parole è stata sottolineata anche dall’Imam di Roma Saleh Ramadan Elsayed: “il Dio in cui crediamo è unico e ha generato tutti gli uomini con il fine della pace”, ha dichiarato. Le parole, quindi, “sono un dono non per distruggere o per creare violenza, ma solo per costruire e dialogare”.
I punti della Carta di Assisi dei Bambini
Il documento di Assisi, che fa esplicito richiamo all’incontro interreligioso voluto da San Giovanni Paolo II nel 1986, consta di dieci punti. Un Carta “che serve ad ispirare” come ha sottolineato padre Spadaro, ma non per questo meno importante di tanti altri documenti deontologici. Quello che si chiede ai giornalisti è quindi di: scrivere degli altri quello che si vorrebbe scritto di se stessi; non temere di dare una rettifica quando ci si accorge di aver sbagliato; dare voce ai più deboli difendendone la dignità; imparare il bene di dare i numeri e i dati giusti; usare le parole per costruire ponti e non muri; proteggere la verità dei fatti narrati; non essere autoreferenziali; usare bene il Web; mettere in contatto le persone; dare corpo e sostanza a tutte le notizie. La responsabilità di usare le parole per costruire e diffondere il bene è stata sottolineata anche dall'imam di Roma, Saleh Ramadan Elsayed, che ha affermato che la religione è l'amore, la tolleranza e la pace.



Addio a tutti questi bonus famiglia dal 12 maggio 2024
La delega per attivare il Family Act è decaduta e non saranno più messe in pratica le linee guida previste dal documento, che prometteva nuovi sostegni alla genitorialità e nuovi bonus alle famiglie.
Nel giorno della Festa della Mamma scade il Family Act, la legge delega che consente al governo di introdurre una serie di bonus e agevolazioni. Che però non ci saranno.
Ironia della sorte: il 12 maggio 2024, proprio il giorno più importante della famiglia con la Festa della Mamma, scade la legge delega conosciuta come Family Act che il Governo Draghi aveva approvato per dare al Governo la possibilità di introdurre nuovi bonus in favore delle famiglie.
Una legge che il Governo Meloni ha ereditato ma che di fatto ha scelto di non attuare facendo così scadere i termini. Addio quindi a una serie di bonus famiglia (ipotetici) che sarebbero potuti nascere grazie al Family Act.
money – 10 maggio 2024



Le ragioni di tale decisione sono diverse: come spiegato dal Ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, semplicemente quel provvedimento è stato superato da alcune decisioni prese dal Governo Meloni che di certo non si è risparmiata nel riconoscere aiuti alle famiglie.
Va poi detto che probabilmente il piano contenuto nel Family Act era troppo oneroso per la situazione attuale, specialmente alla luce di altre decisioni prese dal Governo Meloni che ad esempio ha scelto di favorire il sostegno dei salari attraverso il taglio del cuneo fiscale.
Ma quali sono i bonus ipotetici a cui dovremo dire addio dal 12 maggio? Ecco una lista di cosa prevedeva il Family Act del Governo Draghi, fermo restando che non è detto che le misure previste non possano essere approvate comunque in futuro.
Addio a questi bonus dal 12 maggio 2024
Il Family Act, che va detto venne approvato all’unanimità con la sola eccezione di Fratelli d’Italia (unico partito all’opposizione) che si astenne, prevedeva tra le tante misure l’Assegno unico universale.
Non è stato quindi un provvedimento inutile, in quanto almeno un primo pezzo è stato attuato con l’Assegno unico che oggi rappresenta uno dei sostegni più importanti per le famiglie, anche per merito della maggiorazione in favore dei minori di 1 o 3 anni introdotta proprio dal governo Meloni con la legge di Bilancio 2023.
Tra gli altri punti di interesse della misura, vanno segnalati:
rafforzamento delle politiche di sostegno alle famiglie per le spese educative e scolastiche, e per le attività sportive e culturali;
riforma dei i congedi parentali, con l’estensione a tutte le categorie professionali e congedi di paternità obbligatori e strutturali;
introduzione di incentivi al lavoro femminile, dalle detrazioni per i servizi di cura alla promozione del lavoro flessibile;
incentivare il protagonismo dei giovani under 35, promuovendo la loro autonomia finanziaria con un sostegno per le spese universitarie e per l’affitto della prima casa.
Ad esempio, tra i bonus che dovevano essere riconosciuti doveva esserci quello per le spese educativi dei figli che per la prima volta avrebbe dovuto comprendere anche i libri scolastici (che, ricordiamo, a oggi non possono essere neppure portati in detrazione). E ancora, un bonus per le gite scolastiche (che va detto è stato comunque introdotto dal governo Meloni, seppure per il momento riservato all’anno scolastico in corso) e uno rivolto agli studenti che affrontano cure per disturbi dell’apprendimento o comunque con altre patologie.
E ancora, nel Family Act si parlava della possibilità di riconoscere ulteriori forme di sostegno per le famiglie numerose, come pure un bonus affitti per le giovani coppie e per gli studenti.
Il tutto con una revisione delle misure di congedo riconosciute in favore di padri e madri. A partire da un incremento dei giorni riconosciuti con il congedo di paternità, oggi pari a 10 giorni obbligatori pagati al 100%, come pure del congedo parentale con la possibilità di fruirne almeno fino ai 14 anni di età del figlio (oggi il limite è di 12 anni) riconoscendo un’indennità pari al 50% dello stipendio percepito (anziché il 30%).
Cosa ha fatto il governo Meloni per le famiglie
Il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, ha spiegato le ragioni per cui il governo Meloni ha scelto di non dare seguito alla legge delega conosciuta come Family Act.
Semplicemente non c’è accordo con i punti del programma, per quanto comunque il governo sia intenzionato ad andare avanti con il suo piano di sostegno alle famiglie. La delega, quindi, sarebbe ormai superata.
Secondo i calcoli effettuati dal Ministero a cui fa capo l’On.le Roccella, solo nel 2024 sono 2,5 miliardi gli investimenti fatti in favore delle famiglie, a fronte di 16 miliardi di euro. Un conto che, va detto, comprende anche il taglio del cuneo fiscale applicato in busta paga che garantisce un incremento fino a 100 euro al mese per chi ha un reddito che non supera i 35 mila euro l’anno.
Ma tolta questa misura che si rivolge più genericamente ai lavoratori, cosa ha fatto davvero il governo per sostenere le famiglie e incentivare la natalità (con il nostro Paese che con appena 379 mila nuove nascite segna un altro record negativo)? Effettivamente non si può negare un sostegno generalmente positivo, per quanto manchino alcuni dei bonus che avrebbe previsto il Family Act.
Nel dettaglio, i meriti al governo Meloni vanno dati per aver:
introdotto la maggiorazione dell’Assegno unico che riconosce un 50% della quota base ai figli di età inferiore a 1 anno, oppure fino a 3 anni in presenza di almeno 3 figli;
aumentato da 100 a 150 euro la maggiorazione forfettaria riconosciuta con l’Assegno unico alle famiglie con almeno 4 figli a carico;
previsto il pagamento di una nuova social card, la Carta Dedicata a te, in favore delle famiglie con Isee fino a 15 mila euro, del valore di 460 euro circa l’anno da spendere per fare la spesa, benzina e acquistare abbonamenti ai mezzi pubblici di trasporto;
incrementato la misura del bonus nido, salito da 3.000 a 3.500 euro, per i figli successivi al primo (purché nati a decorrere dal 2024);
aumentato l’indennità riconosciuta per i primi due mesi di congedo parentale portandola dal 30% all’80%. Per il secondo mese si scende però al 60% a partire dal prossimo anno;
previsto il bonus mamme, sostegno al reddito delle lavoratrici con almeno due figli che si traduce in un esonero contributivo pieno con risparmi fino a 3.000 euro l’anno.
È vero quindi che il Governo ha preso una strada diversa da quella rimarcata dal Family Act, per quanto ci siano dei punti in comune (come nel caso del congedo parentale). Comunque saranno i cittadini a valutare se la strategia adottata è migliore o peggiore.
La Dott.ssa Isabella Pulpan agli Stati Generali della Natalità : mentre Studenti contestano il Ministro Eugenia Roccella per voler mettere a tacere chi la pensa diversamente per contrastare le basi della civiltà e la nostra Costituzione" a detta del Presidente Sergio Mattarella, una madre non deve scegliere tra figli e lavoro per cui servono scelte coraggiose per la famiglia secondo Papa Francesco Bergoglio


"Io censurata". E va via
servono scelte coraggiose per la natalità
Contestata la Ministra per la Famiglia Roccella ma anche il modello "Dio, Patria e Famiglia", l'inserimento nei consultori dei Pro Vita e l'idea che le donne "debbono necessariamente fare figli" perché "Sul mio corpo decido io". E' il dissenso messo in atto agli Stati Generali della Natalità da parte di una cinquantina di liceali del collettivo transfemminista Aracne. Una contestazione "al governo patriarcale" che per la ministra è stato un atto di "censura", tanto da alzarsi e andarsene. L'azione di dissenso degli studenti ha i suoi primi effetti: domani salta la prevista partecipazione del ministro dell'Economia Giorgetti mentre il responsabile dell'Istruzione Valditara ha chiesto di non proporre il videocontributo realizzato per l'evento.
A solidarizzare con Roccella, primi fra tutti, Mattarella e Meloni. "Voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione", dice Mattarella. Solidarietà anche da Meloni, "si riempiono la bocca delle parole libertà ma poi amano la censura e impediscono ad una donna di parlare", dai colleghi dell'esecutivo e di parte dell'opposizione. Per il leader del M5s Giuseppe Conte "impedire di far parlare qualcuno è sempre negativo". Sulla stessa lunghezza d'onda Matteo Renzi, "Chi ha impedito alla Roccella di parlare è un violento". Dissente Angelo Bonelli perché "contestare alla base della democrazia" e anche per Laura Boldrini (Pd) "il dissenso non è censura" anche se "è sbagliato non far parlare".
La IV edizione degli Stati Generali della Natalità comincia con l'intervento del promotore Gigi De Palo e la sua proposta di creare un'Agenzia governativa della Natalità che "ci auguriamo possa essere discussa in Consiglio dei ministri entro la fine del 2024". Ad ascoltarlo nell'Auditorium della Conciliazione, a pochi passi dal Vaticano, un pubblico composto per la maggior parte di studenti delle scuole medie superiori e addetti ai lavori. Al primo panel partecipano Roccella, Jessica Barcella, all'ottavo mese di gravidanza, una libera professionista precaria invitata per parlare di conciliazione ed il presidente Nazionale del Forum delle Famiglie Adriano Bordignon. Appena la ministra prende il microfono dalla platea parte la contestazione: fischi e poi un gruppo di studentesse si alza esponendo fogli con lo slogan anni '70 "Sul mio corpo decido io". E poi i cori contro i Pro Vita "fuori dai consultori". Nella platea ormai sono tutti in piedi, si alza anche la Roccella e dice: "Ragazzi ma noi siamo d'accordo, nessuno ha detto che qualcun altro decide sul corpo delle donne. Ed è per questo che siamo qui perchè oggi le donne non decidono fino in fondo, liberamente, se vogliono avere figli. Abbiamo questo problema". Ma la contestazione non si placa, nemmeno dopo un breve intervento sul palco di una delle studentesse, che tra l'altro, dice: "Ci dicono di fare figli in questo mondo quando c'è un conflitto e muoiono i bambini e non ve ne frega niente". Quindi Roccella riprova a prendere la parola ma viene accolta dal coro: 'Vergogna, vergogna'. A quel punto se ne va "per far proseguire il convegno e non far subire ai miei due interlocutori la mia stessa sorte di censura -spiega- A Torino, dove la contestazione era rivolta solo a me, sono rimasta sul palco due ore. L'ho fatto per rispetto nei confronti degli altri pensando che in mia assenza i contestatori se ne sarebbero andati e così' è successo". Ma per Roccella è chiaro che "la contestazione non era solo nei miei confronti o del Governo, ma sul tema della natalità come dimostrano i fischi da cui è stata sommersa la mamma incinta che era sul palco con me. Quello che si contesta - ne è convinta - è la maternità come libera scelta". Una maternità che i militanti di Aracne, ribadiscono, "non deve essere il fine ultimo della donna: noi chiediamo un altro tipo di società".
ansa - 9 maggio 2024
korazim - 10 maggio 2024 - Simone Baroncia
“Sono contento di essere ancora con voi perché, come sapete, il tema della natalità mi sta molto a cuore. Ogni dono di un figlio, infatti, ci ricorda che Dio ha fiducia nell’umanità, come sottolinea il motto ‘Esserci, più giovani più futuro’.
Il nostro ‘esserci’ non è frutto del caso: Dio ci ha voluti, ha un progetto grande e unico su ciascuno di noi, nessuno escluso.
In questa prospettiva, è importante incontrarsi, lavorare insieme per promuovere la natalità con realismo, lungimiranza e coraggio”: per il secondo anno consecutivo papa Francesco ha partecipato a Roma all’evento degli Stati generali della Natività, incentrato sul tema ‘Esserci, più giovani più futuro’.
Il tema della natalità è un argomento molto importante per il papa, tantoché nell’incontro di stamattina ha invitato a non distaccarsi dalla realtà e di non affidarsi solamente agli studi di settore: “In passato, non sono mancati studi e teorie che mettevano in guardia sul numero degli abitanti della Terra, perché la nascita di troppi bambini avrebbe creato squilibri economici, mancanza di risorse e inquinamento. Mi ha sempre colpito constatare come queste tesi, ormai datate e superate da tempo, parlassero di esseri umani come se si trattasse di problemi”.
Quindi la vita è dono e non causa di effetti catastrofici, che sono invece causati dal materialismo: “Ma la vita umana non è un problema, è un dono. Ed alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società. Il problema non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo, questo è il problema; non sono i figli, ma l’egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato, fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici”.
Riprendendo una sua omelia alla comunità cattolica congolese il papa ha evidenziato il crescente egoismo, che annienta la società: “L’egoismo rende sordi alla voce di Dio, che ama per primo e insegna ad amare, e alla voce dei fratelli che ci stanno accanto; anestetizza il cuore, fa vivere di cose, senza più capire per cosa; induce ad avere tanti beni, senza più saper fare il bene. E le case si riempiono di oggetti e si svuotano di figli, diventando luoghi molto tristi. Non mancano i cagnolini, i gatti, questi non mancano. Mancano i figli. Il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici”.
Per il papa i figli sono la speranza: “Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo. Senza bambini e giovani, un Paese perde il suo desiderio di futuro. In Italia, ad esempio, l’età media attualmente è di quarantasette anni (ma ci sono Paesi del centro Europa che hanno l’età media si ventiquattro anni) e si continuano a segnare nuovi record negativi.
Purtroppo, se dovessimo basarci su questo dato, saremmo costretti a dire che l’Italia sta progressivamente perdendo la sua speranza nel domani, come il resto d’Europa: il Vecchio Continente si trasforma sempre più in un continente vecchio, stanco e rassegnato, così impegnato ad esorcizzare le solitudini e le angosce da non saper più gustare, nella civiltà del dono, la vera bellezza della vita”.
Però per cambiare una realtà, che trae massimi profitti dalla vendita delle armi e degli anticoncezionali occorre avere lungimiranza con scelte a lungo termine: “C’è bisogno di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri legittimi sogni. Si tratta di attuare serie ed efficaci scelte in favore della famiglia. Ad esempio, porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli; oppure liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa”.
E’ stato un invito a promuovere una cultura della ‘solidarietà’: “Non dimentichiamolo: il futuro di figli e nipoti si costruisce anche con le schiene doloranti per anni di fatica e con i sacrifici nascosti di genitori e nonni, nel cui abbraccio c’è il dono silenzioso e discreto del lavoro di una vita intera. E d’altra parte, il riconoscimento e la gratitudine verso di loro da parte di chi cresce sono la sana risposta che, come l’acqua unita al cemento, rende solida e forte la società. Questi sono i valori da sostenere, questa è la cultura da diffondere, se vogliamo avere un domani”.
Però per compiere questo ‘passaggio’ occorre coraggio, rivolgendosi ai giovani: “E qui mi rivolgo particolarmente ai giovani… Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente! Come fanno le mamme e i papà della Fondazione per la Natalità, che ogni anno organizzano questo evento, questo ‘cantiere di speranza’ che ci aiuta a pensare, e che cresce, coinvolgendo sempre più il mondo della politica, delle imprese, delle banche, dello sport, dello spettacolo e del giornalismo”.
Ed infine ha sottolineato l’importanza della cura dei nonni: “I nonni soli. I nonni scartati. Questo è un suicidio culturale! Il futuro lo fanno i giovani e i vecchi insieme; il coraggio e la memoria, insieme. Per favore, parlando di natalità, che è il futuro, parliamo anche dei nonni, che non sono il passato: aiutano il futuro. Per favore, abbiamo figli, tanti, ma abbiamo anche cura dei nonni! E’ molto importante”.
“Sul mio corpo decido io”: queste sono state le parole scritte sui cartelloni dalle studentesse che ieri hanno contestato la ministra Eugenia Roccella agli Stati Generali della Natalità a Roma. Sembra surreale che ci sia ancora bisogno di affermare una frase tanto semplice, eppure c’è. C’è perché solo poche settimane fa, il 16 aprile è stato approvato il decreto Pnrr che permette e agevola la presenza di associazioni antiabortiste e cattoliche all’interno dei consultori. Questi spazi non possono essere riempiti da chi molesta, perseguita, insulta e giudica le persone che vogliono interrompere la propria gravidanza. Anche questo dovrebbe essere un concetto semplice da capire: se si vuole garantire un diritto non basta tutelarlo sulla carta ma bisogna rimuovere gli ostacoli sostanziali che lo impediscono. Non dovrebbero stupirsi quando noi giovani donne ci preoccupiamo per la nostra salute e i nostri diritti e ci arrabbiamo per le continue prese in giro di questo governo, ci offendiamo per una Ministra il cui compito dovrebbe essere quello di tutelare la parità di genere, che invece afferma «è molto più difficile trovare un ospedale dove partorire piuttosto che un ospedale dove abortire». Parole come queste, in un Paese in cui il 65% dei medici sono obiettori di coscienza, è semplicemente oltraggioso. Gli stati generali della natalità avevano come obiettivo solo quello di discutere e mettere in luce l’emergenza demografica che vive da anni il nostro Paese. Se davvero si vuole impedire che una donna sia «costretta ad abortire» si aumenti la spesa sociale, si occupi di disoccupazione femminile, si tolga il carico di cura sempre e solo sulle spalle delle donne, si aumenti le tutele per la maternità e si eliminino i costi legati all’istruzione.
left - 10 maggio 2024




"L'utero in affitto
è una pratica disumana, diventi presto
reato universale"

La Premier interviene all'evento "Per un'Europa giovane: transizione demografica, ambiente, futuro": "Possiamo fare tutte le riforme possibili, ma saranno inutili senza inversione di tendenza delle nascite". E sulla decrescita felice: "Applicata alla natalità rischia di compromettere il futuro"
ilfoglio – 12 aprile 2024
"La giornata di oggi è estremamente importante perché ci consente di allargare l'orizzonte su una materia che è una priorità assoluta del governo: la sfida demografica, la natalità, è una delle principali sfide". Sono le parole che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pronunciato intervenendo alla conferenza "Per un'Europa giovane: transizione demografica, ambiente, futuro", organizzata a Piazza di Pietra, a Roma. Presenti anche i ministri della Famiglia e degli Affari europei Eugenia Roccella e Raffaele Fitto. "Non vogliamo accontentarci di gestire il presente: non serve a nulla se non si mette in sicurezza il futuro. Quello di questo governo è un cambio di passo fondamentale, con un approccio diverso su questi temi rispetti al passato", spiega la Premier. "Possiamo fare tutte le più belle e importanti riforme possibili, ma tutto questo non porta a nulla se a monte noi non invertiamo la drammatica tendenza della denatalità che compromette uno sviluppo positivo della nostra nazione e non solo. Spesso prima di noi l'Italia si è affossata nelle sabbie mobili del mito della denatalità quasi portato avanti come simbolo di libertà per un'impostazione culturale che, lo possiamo dire, era spesso ostile alla famiglia", afferma la Premier. Alla base di questo problema, dice Meloni, ci sono molti fattori per lo più economico-sociali: "Le politiche sul lavoro, sulla casa e sulle giovani coppie sono quindi fondamentali ed è il lavoro che il governo sta facendo. Nessun intervento concreto, e voglio ribadirlo, sarà inutile se prima noi non invertiamo la narrazione che è stata fatta su questa materia".
Meloni: "La Decrescita non è mai felice, se applicata alla natalità compromette il futuro"
"Negli ultimi tempi – spiega – si è addirittura sostenuta la follia che mettere al mondo un bambino significa commettere un atto contro l'ambiente perché è più sostenibile non fare figli: credo che queste tesi abbastanza surreali, vecchie e nuove, rischiano di trascinare l'Italia e l'Europa sull'orlo del precipizio, rischino di indurci a credere che il mito da perseguire sia quello della decrescita felice applicata anche alla natalità. Solo che la decrescita non è mai felice e se la applichi alla natalità rischia di compromettere qualsiasi futuro possibile". "Noi potevamo assecondare anche noi questo pensiero dominante – continua Meloni – oppure potevamo ribadire che il declino non è un destino, ma una scelta. Per questo occorre rimboccarsi le maniche e ricostruire una società nella quale essere padri non sia fuori moda, essere madri non debba essere una scelta privata ma un valore socialmente riconosciuto da incentivare". "Nonostante le note difficoltà di bilancio ereditate da allegre gestioni precedenti, abbiamo fatto sforzi importanti: a livello di risorse in un anno e mezzo ci sono 2,5 miliardi di investimenti diretti più un indotto degli interventi strutturali significa un totale di benefici netti per le famiglie italiane nel solo 2024 di oltre 16 miliardi. E non lo diciamo noi lo dice l'Ufficio parlamentare di bilancio, che come si sa è rigido nel certificare i provvedimenti". "Alla base di questi problemi credo ci sia un problema legato a un concetto sbagliato di libertà", spiega Meloni: "Non credo che sia libertà dover rinunciare a un figlio per avere una carriera e viceversa. Libertà è poter far senza paura entrambe le cose, consapevoli dell'appoggio dello stato. Questo è il messaggio che cerchiamo di dare". Meloni poi apre il tema legato alla specificità delle famiglie, spiegando come non bisogna togliere a un bambino quelle che sono le specifiche differenze tra un padre e una madre: "Ci sono le solite polemiche, già solo il fatto di parlare di un padre e di una madre in questa società può essere un atto di rivoluzione. Quando lo fai appari abbastanza retrò, in un'epoca nella quale si arriva a negare che per mettere al mondo un bambino servano un uomo e una donna e in cui quando ci si scontra con l'evidenza si pensa di risolvere la questione magari alimentando un mercato transnazionale che sfrutta il corpo delle donne pevere e fa dei bambini una merce spacciando questo per un atto d'amore".
Meloni: "Utero in affitto pratica disumana. Sia un reato universale"
"Io sono una persona abituata a dire sempre quello che penso", dice Meloni: "Nessuno mi può convincere che sia un atto di libertà affittare il proprio utero, nessuno mi può convincere che sia un atto d'amore considerare i figli come un prodotto da banco in un supermercato. Non è un atto d'amore trasformare il legittimissimo desiderio di avere un figlio in un diritto che puoi garantirti con qualsiasi mezzo possibile. Continuo per questo a ritenere l'utero in affitto una pratica disumana e sostengo la proposta di legge perché diventi reato universale", ha detto Meloni. In conclusione Meloni spiega come il problema della natalità non è solo un problema italiano, ma europeo e più in generale occidentale: "Non c'è una sola nazione europea che raggiunga il 'tasso di sostituzione', cioè il numero di figli per donna che garantisce la sostituzione della popolazione. L'Italia può fare molto, ma anche l'Europa può fare molto, soprattutto ora che ci sono le elezioni europee. Questo tema è bene affrontarlo per tempo", dice rivolgendosi al vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, presente all'evento. "Se il Vecchio continente non vuole diventarlo non solo per etichetta storica ma anche in previsione del futuro deve dare delle risposte", dice. "Il nostro passato vivrà finché ci saranno figli ai quali i nonni e i genitori potranno tramandare una cultura e una tradizione. Una popolazione giovane significa lavoro, innovazione, energia, inventiva. Il nostro futuro semplicemente senza figli non esiste. Contate su di noi", ha concluso la Premier.




“Niente da perdere”, un film per riflettere
Due mesi dopo l’approvazione delle nuove linee guide di indirizzo nessuna Regione ha ratificato il documento. Mentre in Italia si discute sul D.D.L. del Governo, esce al Cinema "Niente da perdere" con la storia di Sylvie
avvenire - 8 aprile 2024
Affido familiare, il valzer delle incomprensioni. Oggi in Italia, a fronte di circa 14mila minori in affido familiare, ce ne sono 16mila circa ospiti di centri d’accoglienza, case famiglie e altre strutture ricettive. Il “circa” è doveroso perché non sappiamo il numero preciso di questi minori, come non sappiamo quello delle strutture d’accoglienza, nelle diverse tipologie. Ogni Regione ricorre a classificazioni diverse. Il ddl presentato qualche giorno fa dal governo punta a colmare questi vuoti, ma famiglie e associazioni colgono nel disegno di legge una volontà di “tutela” che, assicurano, loro già assolvono al meglio. Ecco il valzer delle incomprensioni. Alimentato indirettamente anche dalle nuove Linee di indirizzo sull’affido approvate dalla Conferenza Stato-Regioni che però, a circa due mesi dal voto, le Regioni stesse non ratificano. E ora arriva un film che riassume al meglio tutte queste incongruenze.
A parte il finale romanzesco, la storia di Sylvie (interpretata da Virginie Efira) raccontata nel film, “Niente da perdere”, scritto e diretto da Delphine Deloget, presentato venerdì sera a Roma, che sarà nelle sale a partire dal prossimo 1 maggio (Wanted Cinema), sembra la riscrittura di tanti episodi capitati in questi anni anche in Italia. Eppure, spiega la regista, non si tratta di un film contro l’affido: «Fortunatamente, molti collocamenti in affido hanno successo; molti avvengono addirittura su richiesta dei genitori. Questo film non mette in discussione la necessità dei collocamenti in sé. Ciò che mi interessava era la spirale che a volte porta ad aberrazioni amministrative e legali. I servizi sociali applicano una sentenza del tribunale, ma tali sentenze sono spesso dettate dal timore che vi siano potenziali abusi. Si tratta di una precauzione che ha i suoi vantaggi, ma che talvolta può avere anche un effetto controproducente. Nel film ciò che fa impazzire la macchina – osserva Deloget – è Sylvie che non reagisce in tempo. Lei lotta contro una decisione presa “per il suo bene” ma più fa ciò che le viene chiesto, più sprofonda. È incastrata e spinta al limite, non sa più contro chi combattere, se non contro sé stessa o contro il sistema».
Non è una storia vera, naturalmente, quella di Sylvie, ma la sintesi di tante vicende reali capitate in Francia negli ultimi anni. Storie dolorose in cui - si lascia intendere - è sempre difficile distinguere tra vittime e colpevoli, mentre la società guarda con distacco a queste vicende che causano grandi sofferenze sia ai piccoli, sia ai genitori. «Ho incontrato decine di famiglie che hanno figli in affidamento e ho ascoltato molte conversazioni registrate - prosegue Delphine Deloget - tra i genitori e i dipendenti dei servizi per l'infanzia. Ho anche parlato a lungo con avvocati che si occupano di questo tipo di casi e ho trascorso diversi giorni nell'ufficio di un giudice per bambini, dove ho scoperto la complessità dell'interazione umana, ciò mi ha permesso di superare alcune idee preconcette». In che senso? «Quando sentiamo parlare di collocamenti in affido immaginiamo il peggio: incesto, abusi, torture, ecc. Eppure, il 70-80% di tali collocamenti avviene dopo che si sono verificate quelle che i servizi sociali chiamano “difficoltà“, un termine generico che si riferisce a genitori disorientati, bambini difficili, svantaggi educativi, alloggi inadeguati, famiglie con pesanti debiti, ecc».
Nel film emerge però anche una scarsa fiducia nei servizi pubblici per l’infanzia e nell’operato dei giudici. Le madri dei gruppi di ascolto raccontate nel film appaiono come sfiduciate, disorientate. Nessuno spiega loro quello che sta succedendo, vittime di un sistema di tutela dell’infanzia che appare inadeguato, sordo a qualsiasi istanza di equità e di comprensione umana. «Tali situazioni – osserva ancora la regista – sono tutt’altro che eccezionali, eppure a volta possono essere la causa di una spirale fuori controllo che trasforma questi difetti familiari in ferite aperte. Ogni scena nel film che coinvolge istituzioni sociali è stata ispirata da resoconti reali ottenuti direttamente da genitori o assistenti sociali».
Alla fine non ci sono né vincitori né vinti. Il film si chiude con una “soluzione aperta”. Non sappiamo, cioè, se il tentativo di fuga della madre finisca positivamente o meno. Da una parte rimane una donna quasi condannata ad agire in modo illegale ma umanamente comprensibile. Dall’altra un sistema sociale che agisce per il “supremo interesse del minore” ma lascia i genitori senza sostegno e senza risposte. «L'amore di Sylvie per i suoi figli è una parte essenziale dell'essere genitore, ma potrebbe non essere sufficiente. Viene criticata per la sua mancanza di supervisione e le sue assenze comprovate. Queste critiche non sono ingiuste di per sé, tuttavia, i genitori dicono che una volta avviato il processo, perdono il filo di ciò per cui vengono criticati: vengono accusati o di dare troppo amore ai propri figli o di privarli di esso; allo stesso modo, possono essere rimproverati di essere troppo severi o troppo permissivi».
La domanda finale potrebbe essere: ma di fronte a tante contraddizioni perché non ripensare, in Francia, come in Italia, un sistema che troppo spesso non riesce a far altro che aggiungere sofferenza a sofferenza? Attendiamo risposte.
Sylvie è una madre single. Vive in una cittadina francese con i suoi due figli. Un ragazzo adolescente e un bambino di 10 anni. Tira avanti a fatica facendo la barista in un locale notturno. I figli a casa, affidati a sé stessi. Una sera al più piccolo viene voglia di patatine fritte. La mamma non c’è. Il fratello maggiore pensa ad altro. Versa l’olio nella friggitrice, qualcosa non funziona. Scoppia un piccolo incendio. Cucina carbonizzata. Il bambino si ustiona al torace. Niente di grave. La madre corre all’ospedale. Problema risolto. Ma intanto è scattata la denuncia a quelli che in Francia si chiamano Servizi per l’infanzia. Interviene il giudice: «Madre inaffidabile». E il piccolo finisce in una casa-famiglia. Qui comincia il calvario di Sylvie per riportare il figlio a casa. Tenta di tutto ma non ce la farà e sarà costretta, con una soluzione a sorpresa, a “fuggire” con lui nel tentativo di raggiungere la Spagna e far perdere le proprie tracce.
Dal Presidente dell'Associazione Magistrati Minorili, Claudio Cottatellucci:
negativi gli effetti di questa prima fase di attuazione; accelerazione per i casi urgenti, paralisi per tutti gli altri.
Mancano poco più di sei mesi all’entrata in vigore dell’ultima parte della riforma Cartabia per il diritto minorile, ma gli effetti delle novità introdotte sarebbero già molto negativi. Mentre i provvedimenti definiti urgenti avrebbero subito un’accelerazione, per tutti gli altri siamo alla paralisi. E, secondo i magistrati minorili che da sempre contestano in modo compatto la riforma, non abbiamo ancora visto il peggio. Quel punto di non ritorno che, assicurano, sarà toccato dal 17 ottobre, quando gli attuali Tribunali per i minorenni lasceranno il posto ai nuovi Tribunali per la persona e per la famiglia, e la maggior parte dei procedimenti passeranno a un giudice monocratico presso le sezioni circondariali. Ma si tratta di una data troppo ravvicinata, che obbligherà ad adeguamenti logistici e di personale impossibili da concretizzare in poco tempo. Per questo i magistrati dei minori lanciano un appello al governo: posticipare al primo gennaio 2030 l’entrata in vigore dell’ultima parte della riforma Cartabia.
avvenire - 27 marzo 2024



Si tratta di un allarme fondato su evidenze facilmente verificabili perché già ora la situazione rischia di andare fuori controllo. Spiega Claudio Cottatellucci, nuovo presidente dell’Associazione magistrati per i minori e per la famiglia (Aimmf) : “Sono evidenti gli effetti della prima fase di attuazione della riforma anche nei tempi e nelle modalità di trattazione dei procedimenti civili con l'introduzione di un unico rito ordinario ed in particolare delle procedure urgenti, attraverso le stringenti scansioni temporali previste dal nuovo art. 403 (quello che permette di allontanare un minore dalla sua famiglia in caso di gravi e immediati pericoli per la sua incolumità, ndr) e dall'art. 473 bis. 15 (provvedimenti indifferibili e urgenti)”.
Secondo quanto previsto dalla riforma, per mettere in atto le procedure previste da questi due articoli, che presuppongono situazioni di assoluta urgenza, servono risorse professionali e di tempo tali da assorbire quasi completamente le disponibilità della maggior parte dei tribunali minorili. Una situazione che non può che andare a detrimento degli altri procedimenti civili, in specie quelli sulla responsabilità genitoriale caratterizzati da minore urgenza rispetto agli allontanamenti, ma altrettanto importanti. Stabilire se una madre o un padre hanno ancora il diritto di esercitare la responsabilità genitoriale sui propri figli è evidentemente una decisione che non si può improvvisare e che non si può rimandare a tempo indeterminato.
“Quello che si va configurando già in questa prima fase di attuazione è in sostanza – riprende il presidente della Aimmf - un sistema a doppio binario dove la divaricazione di tempi e risorse tra le procedure qualificate come urgenti e le altre è destinata a crescere e cristallizzarsi nel tempo. Si tratta di un esempio emblematico di quello che avviene quando riforme, anche per quelle parti condivisibili negli intenti, sono approvate trascurando ogni analisi”.
Secondo quanto indicato dai magistrati minorili esistono una serie di punti critici nell’impianto della riforma, emersi in modo evidente già in questa prima fase di attuazione, che si stanno trasformando in scogli insuperabili per l’attività ordinaria dei tribunali.
Innanzi tutto, si spiega, va corretta la progressiva estromissione dai procedimenti civili dei giudici onorari. Si tratta di una situazione che ha un consistente riflesso non solo sull'impostazione ma anche sull'efficienza dell'azione giudiziale a tutela dei minori coinvolti. “Al momento questi procedimenti sono ancora trattati dai Tribunali per i minorenni ma – fa notare Cottatellucci - con l'attuazione ordinamentale della riforma a partire dal 17 ottobre 2024 saranno attribuiti al giudice monocratico presso le sezioni circondariali. ln questi procedimenti, la perdita della collegialità e della multidisciplinarietà costituisce, nell'impianto della riforma, il più rilevante vulnus sull'effettività delle tutele, tanto che il Parlamento, al momento di approvare la riforma, aveva dato indicazione al Governo perché, prima che entrasse in vigore, fosse reintrodotta la composizione collegiale del Tribunale nella materia dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale”.
Ma al momento tutto tace. E si tratta di un problema enorme. “Si tratta di una materia delicatissima – riprende l’esperto - nella quale solo un'istruttoria accurata e approfondita consente di individuare le eventuali ragioni di pregiudizio per i minori e, se il caso, di prevenire il danno che potrebbe prodursi o neutralizzare un pericolo già in essere, talvolta anche rendendosi necessario un allontanamento del figlio da uno o da entrambi i genitori”.
La necessità di un’istruttoria integrata con l'apporto specialistico dei giudici onorari è stata affermata più volte dalla Corte Costituzionale (sentenza n.194/2015) che valorizza la natura specializzata del Tribunale per i minorenni proprio in forza della sua composizione. Anche il Parlamento europeo (risoluzione 5 aprile 2022) ha raccomandato agli Stati membri di adottare “un approccio multidisciplinare, di istituire servizi di sostegno all'infanzia facilmente accessibili anche all'interno dei tribunali tramite professionisti qualificati come medici, psicologi, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali, per sostenere il minore in tutte le fasi del procedimento, attribuendo il compito indispensabile dell' ascolto del minore al giudice o ad esperti qualificati, in modo da limitare al massimo l'impatto psicologico ed emotivo di tale audizione”.
Altrettanto drammatico il problema degli organici. È noto che tra magistrati e personale amministrativo, ai Tribunale per i minorenni manca almeno un terzo degli addetti. Ma la riforma Cartabia non è stata preceduta da alcuno studio di fattibilità.
“Risale al luglio 2022, sulla base dei dati risalenti al 2021 e dunque non più attuali –ricorda il magistrato - la prima, e sinora unica, analisi effettuata dal ministero della Giustizia. Secondo lo studio ministeriale, l'incremento necessario della pianta organica per il funzionamento della riforma richiede 292 magistrati, cui aggiungere 2.130 unità per il personale amministrativo e 47 per quello dirigenziale”. Ma si tratta di un’analisi per difetto, perché non tiene conto che sulle spalle del giudice monocratico delle sezioni circondariali ricadranno tutti i procedimenti riguardanti la responsabilità genitoriale, oltre il carico delle impugnazioni che andranno a gravare sulle sezioni distrettuali. Due aspetti non considerati nell’analisi del ministero.
stop al far west degli affidamenti dei minori
Approda in Consiglio dei ministri il ddl con la doppia firma di Roccella e Nordio per il monitoraggio dei casi di separazioni forzate dei bambini dai nuclei
ilsole24ore - 24 marzo 2024 - Flavia Landolfi e Manuela Perrone
Una giungla senza direzione, contorni e numeri certi. L’affidamento dei minori fuori dalle famiglie di origine si appresta ora a voltare pagina. Lo fa sotto l’impulso di un disegno di legge voluto dalla ministra alle Pari opportunità Eugenia Roccella insieme a Carlo Nordio, titolare della Giustizia. Un provvedimento che cambia rotta e mette un freno al far west accendendo un faro sul destino dei bambini che con un provvedimento del giudice lasciano le proprie famiglie e vengono affidate a strutture o ai privati. Lunedì o martedì il ddl approderà in Consiglio dei ministri e una volta approvato accenderà un faro su questa realtà di cui si sa poco e quel poco è affidato a numeri parziali.
La doppia mappatura
Il ddl introduce innanzitutto la doppia mappatura degli istituti di assistenza pubblici e privati, delle comunità «di tipo familiare» e delle famiglie affidatarie di minori: una nazionale, al Governo, e le altre nei singoli tribunali.Obiettivo: «Garantire la piena attuazione del principio del superiore interesse del minore e del diritto dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere all'interno delle loro famiglie di origine». Come prevede la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989, che tutela il diritto all'ascolto dei minori e assicura la vigilanza, da parte degli Stati, affinché le separazioni forzate dei bambini dai genitori avvengano sempre «nell'interesse preminente del fanciullo».Con una modifica alla legge 184/1983, è istituito il primo Registro, nazionale, presso il Dipartimento per le politiche della famiglia, dove inserire, su base provinciale, il numero dei minori collocati in comunità o nuclei familiari, il nome di ogni istituto e l'elenco di quelli disponibili ad accogliere bambini e adolescenti. Sembra un dettaglio ma non lo è.
La nebbia sui dati
L'ultima istantanea sul fenomeno, realizzata dall'Istituto degli Innocenti di Firenze per il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, calcolava nel 2020 un esercito silenzioso di 26.223 minori collocati fuori famiglia, al netto degli under 18 stranieri arrivati soli in Italia: 12.815 in affidamento familiare e 13.408 accolti in servizi residenziali. Erano dati parziali e comunque non paragonabili con il monitoraggio messo in piedi ora dal cambio di passo di Roccella e Nordio. Sotto la lente anche gli affidamenti senza la parola fine e soprattutto quelli avvenuti con l’uso della forza sui quali i due ministeri vogliono accendere un faro: ora bisognerà segnalarli e soprattutto motivarli, strappandoli alle nebbie dell’assenza di numeri e di forti motivazioni.
Il territorio
Regioni ed enti locali dovranno fornire periodicamente al Governo i dati e le informazioni necessarie. Le modalità di tenuta del registro saranno definite con un decreto del presidente del Consiglio o della ministra Roccella, previo parere della Conferenza Unificata e sentito il Garante privacy, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del testo. Tutto perché lo Stato, spiega sempre la relazione, è chiamato a esercitare «una costante attività di vigilanza, predisponendo ogni misura volta a scongiurare il pericolo che la istituzionalizzazione si protragga per tempi irragionevoli, con grave pregiudizio per lo stesso minore». Il messaggio è chiaro, insomma. Si interviene dove si deve senza abusare di uno strumento che nasce per casi limite, come extrema ratio.
I tribunali
Parallelamente il faro si accende anche a livello giurisdizionale, peraltro a pochi mesi dal debutto in autunno del tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie previsto dalla riforma Cartabia. Al momento il solo dovere per le case famiglia e i nuclei affidatari è quello di trasmettere relazioni semestrali al procuratore del tribunale dei minorenni con la sola lista di tutti i minori collocati presso di loro, documenti che a sua volta il procuratore inoltra al tribunale assieme a una relazione informativa. La bozza di Ddl stabilisce adesso, in nome del «principio di trasparenza», che in ogni tribunale per i minorenni e in ciascun tribunale ordinario sia istituito un apposito «registro dei minori collocati» che tenga traccia degli under 18 affidati e vada oltre: le cancellerie dovranno annotare date ed estremi dei provvedimenti di affido, la legge di riferimento, l'eventuale intervento della forza pubblica con l'indicazione della motivazione e, infine, data ed estremi dei provvedimenti che autorizzano il rientro del minore in famiglia. Per consentire un monitoraggio adeguato dei fenomeni di disagio sociale sul territorio, ogni tribunale, entro trenta giorni dalla richiesta o dall'adozione del provvedimento da parte del giudice, dovrà comunicare al Dipartimento per la giustizia minorile del ministero i soli dati numerici su richieste e disposizioni di allontanamento di un minore dai genitori o dal genitore convivente o da altro parente che se ne prenda cura.
L’Osservatorio
Un Osservatorio nazionale, istituito anch'esso al Dipartimento per le politiche della famiglia, analizzerà i dati raccolti nel registro nazionale, con il compito di segnalare «possibili situazioni di istituzionalizzazioni improprie» che dovessero emergere dal monitoraggio e di richiedere ispezioni e sopralluoghi. Entro il 30 giugno sarà presentata una relazione annuale alle Camere. Il passo, seppur a costo zero perché il Ddl prevede la clausola di invarianza finanziaria, prova a colmare una cronica carenza di dati.
il Vaticano condanna maternità surrogata e cambi di sesso
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato la dichiarazione Dignitas Infinita in cui condanna la gestazione assistita per altri e i cambi di sesso come pratiche lesive della dignità umana. Nel testo la Chiesa ribadisce anche contrarietà ad aborto ed eutanasia
Il Vaticano ha condannato lunedì il cambio di sesso biologico e la maternità surrogata come gravi violazioni della dignità umana, al pari dell'aborto e dell'eutanasia.
Posizioni non nuove per la Santa Sede, anche durante il Pontificato progressista di Francesco, ma che questa volta sono contenute nella dichiarazione Dignitas Infinita emanata lunedì dalla Congregazione per la Dottrina della Fede dopo cinque anni di lavoro.
"Crediamo che queste ideologie, invece di aiutare al riconoscimento della dignità, impoveriscono la visione umanistica dove l'uomo e la donna fanno l'incontro più bello, nella più grande differenza che l'umanità contiene" ha dichiarato Víctor Manuel Fernández, il cardinale argentino a capo della Congregazione, l'ex Sant'Uffizio.
euronews - 8 marzo 2024 - Gabriele Barbati
Nella sezione più attesa, il Vaticano ha ribadito che Dio ha creato l'uomo e la donna come esseri biologicamente diversi. "Ne consegue che qualsiasi intervento di cambio di sesso rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto dal momento del concepimento" si legge nel documento.
"Dignità infinita" distingue tuttavia gli interventi chirurgici per l'affermazione del genere, che vengono rifiutati, dalla correzione di anomalie dei genitali presenti alla nascita o che insorgano successivamente, invece ammessa.
Il documento definisce tuttavia la stessa affermazione di genere, che chiama teoria del gender, "pericolosissima, perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali".
Ovviamente per i propri interessi la Comunità Lgbtq+ critica, la Chiesa "predica rispetto ma non per tutti"
Esponenti della comunità Lgbtq+, che conta molti cattolici al suo interno, hanno immediatamente criticato queste prese di posizione come obsolete, contrarie all'obiettivo dichiarato di riconoscere la "dignità infinita" di tutti i figli di Dio, e potenzialmente pericolose per le persone che non si identificano effettivamente nel binarismo di genere uomo-donna.
"Se da un lato il documento espone un meraviglioso ragionamento sul perché ogni essere umano, a prescindere dalla sua condizione di vita, debba essere rispettato, onorato e amato, dall'altro non applica questo principio alle persone di genere diverso" ha dichiarato Francis DeBernardo del New Ways Ministry, che si occupa della difesa dei cattolici Lgbtq+.
Il testo approvato a fine marzo dal Papa equipara l'utero in affitto e le pratiche chirugiche per il cambio di sesso a pratiche che rifiutano il piano di Dio per la vita umana.
La linea severa è confermata anche sulla maternità surrogata, una pratica condannata già come "deprecabile" da Francesco e fuori legge in Italia dal 2004, che la Camera dei Deputati ha affrontato ancora lo scorso luglio approvando una proposta di legge che la definisce "reato universale".
Il documento vaticano afferma che il bambino "ha il diritto di avere un'origine pienamente umana (e non indotta artificialmente) e di ricevere il dono di una vita che manifesti sia la dignità di chi la dona che quella di chi la riceve", mostrando preoccupazione soprattutto per il possibile sfruttamento di donne povere come madri surrogate dietro compenso.
Una dichiarazione largamente criticata in Italia da tante coppie eterossessuali, per cui la cosidetta Gpa (la gestazione per altri) potrebbe essere una soluzione a problemi di sterilità, e a coppie omosessuali per cui l'utero in affitto è l'unica via per generare una vita.
Su questo punto, il Vaticano ha specificato che "il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un diritto al figlio che non rispetta la dignità di quel bambino come destinatario del dono della vita".
Le aperture le chiusure del Papato di Francesco
Il testo dottrinale segue posizioni di apertura prese invece dalla Santa Sede su altri temi controversi per la Chiesa, come la benedizione ammessa a dicembre per le coppie omosessuali, che ha scatenato le critiche di molti vescovi nel mondo.
Sul tema dell'omosessualità, Dignitas Infinita ribadisce come sia "contrario alla dignità umana il fatto che, in alcuni luoghi, non poche persone siano imprigionate, torturate e persino private del bene della vita solo a causa del loro orientamento sessuale".
Il documento critica anche la povertà, la guerra, le migrazioni forzate, la violenza sulle donne e il traffico di persone come lesive della dignità umana.

“I diritti dei minori non sembrano una priorità politica”



Una materia spesso trascurata, che invece dovrebbe essere tra le priorità di tutti i governi: i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Molte sono infatti le sfide: dalla lotta alla povertà assoluta e alla dispersione scolastica, alla tutela del benessere dei ragazzi, con i riflettori sempre puntati sui reati e le violenze che continuano a crescere. Considerando, però, che inasprire le pene nei confronti dei minorenni non serve a nulla, non è un deterrente per la commissione di futuri reati e che servono maggior tutele per i minori stranieri non accompagnati. L’Autorità Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, Carla Garlatti, tira le fila di quanto fatto finora in tema di minori e spiega cosa bisogna ancora fare per garantire a tutti le stesse opportunità.
A novembre lei ha fatto alcune proposte al governo. Tra queste: attivare centri antiviolenza specifici per i minorenni; introdurre l’obbligo per chi lavora con i minori di dimostrare di non avere precedenti per reati contro la sfera sessuale; creare una legge organica, con una definizione univoca di violenza. Avete avuto un riscontro?
Da un punto di vista personale ho ricevuto molte manifestazioni di apprezzamento, ma a livello pratico nessun riscontro. La materia dell’infanzia e dell’adolescenza non mi sembra tra le priorità della politica, è una materia spesso trascurata, ma io sono fiduciosa che prima o poi la voce dei minorenni verrà ascoltata. L’importante è non abbassare mai la guardia.
Alla fine dello scorso anno il governo ha approvato il decreto Caivano per il contrasto alla criminalità minorile. Qual è il bilancio ad oggi?
Quando è stata annunciata la normativa ho dichiarato subito che inasprire il sistema penale minorile non serve. Dopo i fatti gravissimi di cronaca degli ultimi mesi, posso ribadire che l’inasprimento delle pene non ha manifestato alcun effetto deterrente sulla commissione dei reati da parte dei minorenni, effetto deterrente che era lo scopo del legislatore. E’ giusto che ci siano le pene, ma l’inasprimento non costituisce un deterrente.
Violenze e reati sono in aumento, anche tra i giovanissimi, comprese le violenze sessuali. Cosa si può fare? Cosa pensa dell’educazione all’affettività nelle scuole?
Io ho notato una crescita dell’indifferenza nei confronti della vittima, una mancanza di empatia. È su questo che si deve lavorare, sull’educazione all’affettività, alla parità di genere, al rispetto dell’altro. L’ho detto tre anni fa: la Convenzione di Istanbul invita gli stati a introdurre l’educazione all’affettività nelle scuole, che dovrebbe farsene carico nell’ambito dell’educazione civica. Quest’ultima dovrebbe diventare una delle materie più importanti, con contenuti indispensabili per la crescita dei ragazzi.
Il governo ha introdotto una stretta sui minori stranieri non accompagnati, oltre 20 mila in Italia, prevendo che possano essere trattenuti nei centri per adulti. Cosa ne pensa?
Ho visitato di recente i centri di accoglienza e ho trovato situazioni impressionanti. A Brindisi, nell’area dove si trova il centro per i minori, c’è anche il cpr – centro di permanenza per i rimpatri – con un muro altissimo, i militari armati e senza servizi specifici per i minorenni, se non qualche ora di italiano. I ragazzi si sentono prigionieri e non sanno perché. Uno di loro mi ha detto: qui i pensieri brutti vengono. Situazioni in cui, di fatto, ci sono minorenni insieme adulti non sono nuove, ma il fatto che ora ciò sia normato è pericoloso: la normativa prevede infatti che i minorenni sopra i 16 anni possano stare con gli adulti. Questo è decisamente sbagliato sia perché i centri per adulti non hanno servizi dedicati ai minorenni sia perché questi ultimi vengono in possesso di informazioni e modus operandi non adatti a loro. E’ necessario tener separati e distinti adulti e minori.
L’altro problema sui minori stranieri è la difficoltà di alcune città nell’accoglienza, visto il numero elevato.
La questione dei minori stranieri non accompagnati è sempre stata affrontata come un’emergenza ma non lo è, è una problematica che esiste da diverso tempo e riguarda la prima accoglienza – i comuni sono in affanno – e anche la seconda accoglienza. Quest’ultima non è mai stata trattata in maniera strutturale, ma sempre in forma emergenziale. Bisognerebbe dare ai minori le possibilità di un inserimento che non li faccia sentire esclusi e non li faccia divenire vittime di criminalità o loro stessi persone che commettono atti illeciti. La stragrande maggioranza di loro vuole lavorare e mandare i soldi a casa, ha nostalgia della famiglia.
Quali sono le sfide del 2024 sui diritti dei minori?
Le sfide sono molte. Nella nota inviata alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ho sottolineato il problema della povertà assoluta, in cui versano 1 milione e 300mila minori, delle sfide del digitale, la dispersine scolastica e la salute mentale, il benessere dei ragazzi.
Alley Oop compie 8 anni. Quali sono le sfide che dovrà affrontare nel prossimo futuro in tema diversità e inclusione?
La sfida principale è lottare contro le disuguaglianze. L’articolo 3 della Costituzione al secondo comma introduce il principio dell’uguaglianza sostanziale. Ciò significa che tutti i bambini devono avere le stesse condizioni di partenza. In caso contrario abbiamo disparità profondissime tra le regioni e tra le periferie e i centri, ma non solo. Io credo che la sfida maggiore sia quella di mantenere alta l’attenzione su tutto ciò che riguarda le pari opportunità, tutti devono avere le stesse opportunità in partenza.
ilsole24ore - 14 febbraio 2024
tolti alla mamma i Bambini per tre anni e bombardati di psicofarmaci
Dopo tre anni di battaglie legali,arriva la Sentenza del Tribunale dei Minori: sbagliato darli in adozione
Dopo tre anni è finita l'odissea di due bambini residenti nella cintura sud di Torino, che oggi hanno 11 e quattro anni, e che erano stati tolti alla madre, che nel 2020 si era rivolta inizialmente ai servizi sociali a causa di conflittualità col marito. Dopo una relazione, i due erano stati inviati il primo in una comunità e il secondo in una famiglia affidataria, avviandone l'iter per l'adozione. L'8 ottobre 2023 il tribunale per i minorenni di Torino stabilisce che, invece, devono essere affidati ai nonni materni, così come chiedevano questi ultimi. L'iter per l'adottabilità è stato interrotto.
"È una vittoria amara - commenta l'avvocato, che si è occupato della vicenda per conto dei nonni - perché nel frattempo sono passati tre anni. “Chi ridarà il tempo e la serenità perduta a questi due bambini?”. I servizi sociali, anziché prevedere un programma di aiuto alla madre e cercare parenti che intervenissero per l’accudimento dei minori, provvidero a redigere una relazione in seguito alla quale non solo si allontanavano i figli da lei ma addirittura si avviò la pratica di adottabilità. Pensare a percorsi di sostegno e cercare altri parenti sarebbe stata una soluzione meno traumatica, invece si decise subito per l'allontanamento. Per opporci abbiamo dovuto lottare strenuamente".
Il percorso di inserimento dei due bambini inizierà il prossimo 8 dicembre e gradualmente potranno tornare a vedere, in forma protetta, anche i propri genitori. "Ma è una vittoria amara - conclude l'avvocato, ora, il tribunale ci ha dato ragione. Ma ci sono voluti tre anni. E le ferite saranno difficili da rimarginare. Vado ripetendo ormai da anni che i tribunali per i minorenni non dovrebbero prendere per oro colato le relazioni spesso approssimative dei servizi sociali, ma prima di emettere dei provvedimenti drastici dovrebbero avviare un’attenta e scrupolosa valutazione".
torinotoday - 15 novembre 2023
radioerre - 18 novembre 2023
«C’è da dire che alla fine, lo scorso ottobre, il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta ha ascoltato le varie parti – prosegue l’avvocato, e accolto le nostre istanze, assumendo la decisione di collocare i due minori presso i nonni materni, figure amorevoli che i bambini conoscono bene, ricongiungendoli così alla loro famiglia d’origine e soprattutto riunendoli di nuovo insieme. Però ci sono voluti tre anni di tempo, durante i quali i bambini hanno subito un trauma che difficilmente riusciranno a rimarginare. Il più grande non assume oggi più farmaci, ma glieli hanno somministrati per anni e si è perso davvero troppo tempo. Come al solito i Servizi sociali fanno il bello e il cattivo tempo, frettolosi nell’allontanare i ragazzini dalle famiglie, nell’indifferenza dei Tribunali per i minorenni. Abbiamo dovuto lottare strenuamente per opporci all’adottabilità, altrimenti con altrettanta fretta avrebbero fatto adottare due ragazzini ad altre famiglie, separandoli per sempre dal loro nucleo originario e tra loro. Vado ripetendo ormai da anni che i Tribunali per i minorenni non dovrebbero prendere per oro colato le relazioni spesso approssimative dei Servizi sociali, ma prima di emettere dei provvedimenti drastici dovrebbero avviare un’attenta e scrupolosa valutazione». Fintantoché i controllori e i controllati sono la stessa cosa, purtroppo, non ci sarà riforma che possa far cambiare le cose e si possa veramente arrivare ad una giustizia minorile compiuta e tutelate.







Una delle colonne portanti dell’economia Ucraina è la vendita di bambini e utero in affitto, infatti grazie a ciò l’Ucraina è diventata principale meta internazionale per la compravendita di bambini mediante utero in affitto che nemmeno la guerra ferma.



theguardian – 26 aprile 2023
A marzo dello scorso anno, poche settimane dopo l'inizio dell'invasione su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia , Remo e Amalia* hanno ricevuto una telefonata inaspettata da Kiev. Una delle più grandi cliniche di maternità surrogata in Europa ha risposto alla coppia italiana invitandola nel Paese devastato dalla guerra per controlli medici per iniziare la procedura per avere un bambino. In quel momento, le truppe di Mosca si stavano ritirando dai territori a nord della capitale, che occupavano da più di un mese. Pochi giorni dopo, le fosse comuni di Bucha avrebbero rivelato il vero orrore dell’invasione mentre i missili russi continuavano a cadere a dozzine nelle regioni ucraine. Tuttavia, il continuo conflitto non avrebbe fermato la coppia. "Sono 10 anni che cerchiamo di realizzare il sogno di avere un nostro figlio", ha detto Remo, 55 anni, per il quale continua il processo di maternità surrogata. “Non saranno le bombe o la guerra a fermarci”.
Le cliniche di maternità surrogata, che hanno prosperato in Ucraina grazie a un quadro giuridico liberale, stanno ancora facendo ottimi affari, con centinaia di stranieri che arrivano a Kiev nonostante la guerra, principalmente dall’Italia, dalla Romania, dalla Germania e dalla Gran Bretagna.
Le coppie che desiderano avere un figlio devono sottoporsi ad una serie di esami clinici. Una volta che questi sono stati fatti, e se un medico ha diagnosticato l’infertilità, la coppia inizia il processo di maternità surrogata. Dopo aver scelto una madre surrogata, vengono raggiunti gli accordi appropriati tra le parti. Se la donna accetta di portare in grembo un bambino, vengono somministrati agenti ormonali. Se è avvenuta la fecondazione, gli embrioni fecondati della coppia vengono trasferiti nell'utero della madre surrogata.
Secondo i dati delle cliniche di maternità surrogata in Ucraina, più di 1.000 bambini sono nati in Ucraina da madri surrogate dall'inizio dell'invasione russa, 600 dei quali sono nati presso la clinica BiotexCom di Kiev, una delle cliniche di maternità surrogata più grandi d'Europa.
“Anche nei primi mesi di guerra, le coppie straniere venivano ancora qui da tutto il mondo per prendere i loro figli”, ha detto al Guardian Ihor Pechenoha, direttore medico di BiotexCom. “Il numero di richieste oggi è al livello prebellico e riceviamo più richieste di quante possiamo accoglierne”. All'inizio di febbraio dell'anno scorso, prima dell'invasione russa, Pechenoha aveva già preparato la sua clinica in caso di guerra: “Abbiamo allestito un rifugio antiaereo con tutto il necessario per i bambini e gli embrioni”, spiega. “Abbiamo dovuto affrontare alcune critiche perché alcuni altri concorrenti dicevano: 'Perché lo fai? Spaventeresti solo i clienti." Ma la pandemia da Covid ci ha insegnato ad essere pronti a tutto. E quando Putin ha iniziato a intimidire l’Ucraina, abbiamo preso molto sul serio la minaccia”.
Remo e Amalia, come molte coppie, avevano fatto decine di cure prima di andare a Kiev. La maggioranza conservatrice al potere in Italia vuole perseguire le coppie che vanno all'estero per avere un figlio attraverso la maternità surrogata, secondo una legge che ha attirato critiche. “Tutto sembrava andare contro ciò che avevamo sempre sognato”, racconta Remo. “Inoltre l’età avanza per entrambi. Questo sarà il nostro ultimo tentativo. E per farlo eravamo disposti a tutto, anche a rischiare la vita”.
Pechenoha spiega come all'inizio dell'invasione i russi abbiano bombardato gli edifici a pochi metri dalla clinica e come, nonostante ciò, decine di coppie siano arrivate due settimane prima della nascita anticipata del loro bambino da parte di una madre surrogata. "Ricordo questa coppia dall'Argentina", ricorda Pechenoha. “Erano seduti fuori. La donna era semplicemente sdraiata con la testa sulle ginocchia del padre, e stavano fumando mentre gli allarmi aerei suonavano in tutta la città”, dice. “Pensi che sia pazzesco. Ma poi, quando vedi il momento in cui tengono in braccio il bambino, è qualcosa di così prezioso e capisci perché sono venuti fin qui nonostante la guerra. Capisci perché ne è valsa la pena.
George, 57 anni, un ingegnere che lavora per una società con sede negli Stati Uniti, e sua moglie Clare, 46 anni, hanno subito numerosi tentativi di fecondazione in vitro negli ultimi otto anni. Lo scorso maggio, mentre la Russia colpiva Kiev con i droni, loro viaggiavano dagli Stati Uniti per prendere il loro bambino. "Penso che qualsiasi genitore farebbe lo stesso", dice George. ''La guerra o il tempo di pace non ci hanno scoraggiato. Se la madre surrogata fosse abbastanza coraggiosa da portare in grembo il bambino in tempo di guerra per nove mesi, potremmo facilmente rischiare un mese per andare in una zona di guerra.'' Mettere in grembo un bambino per altre persone non è un compito semplice, e diventa ancora più doloroso se infuria una guerra. Nei primi mesi del conflitto, le madri surrogate ucraine vivevano in un limbo, molte di loro costrette a partorire nei rifugi antiaerei delle cliniche. L’anno scorso BiotexCom aveva 50 donne incinte nei territori ucraini occupati dalle forze russe.
“C'è stato il caso di una donna di Nova Kakhovka, ricorda Pechenoha. “Sono riuscito a metterla su un autobus di evacuazione, ma alla fine i russi hanno sparato al veicolo. In qualche modo è riuscita a scappare. Era alla 33esima settimana di gravidanza”.
I mariti e i partner di molte madri surrogate ucraine stanno combattendo in prima linea e in molti casi i loro villaggi e le loro case sono stati distrutti dai russi. Per questo motivo molte di loro, durante la guerra, furono ospitate negli appartamenti di proprietà della clinica durante tutta la gravidanza. "Mi sono appena sposata con un soldato con cui ho una relazione da nove anni", dice Tamila, 36 anni, che aspetta di partorire a metà luglio per una coppia rumena. “È stato ferito vicino a Kurakhove (Donbas) e sta subendo un intervento chirurgico”. Questa è la sua terza maternità surrogata. “Sono orgogliosa di quello che sto facendo”, dice. "Sono una madre orgogliosa di figli surrogati e sono felice di poter aiutare le coppie che non possono avere figli propri." Anche il compagno di Dana sta combattendo in prima linea, nel sud dell'Ucraina. Ha quattro figli e sta intraprendendo la sua prima maternità surrogata per una coppia italiana.
“L’unico motivo per cui ho accettato di farlo è solo per i vantaggi finanziari”, ha detto Dana, 36 anni. “Inoltre, da quando mio marito è partito per il fronte, ho bisogno di un modo per sostenere i miei altri quattro figli”. Ottenere un figlio tramite la clinica BiotexCom costa circa 40.000 euro. Pechenoha dice che più della metà di quella somma va alle madri surrogate.
La maternità surrogata commerciale è legale in Ucraina, ma il settore ha dovuto affrontare aspre critiche dall’interno e dall’esterno del paese, con le cliniche descritte come “fabbriche di bambini”. Diverse inchieste giornalistiche nel corso degli anni hanno denunciato il trattamento inumano e abusivo delle madri surrogate . Durante la guerra l’opposizione si è sempre più radicata; lo scorso marzo, i parlamentari ucraini hanno proposto di vietare agli stranieri di utilizzare i servizi di madri surrogate ucraine durante il periodo di legge marziale.
Secondo il membro del comitato Viktoriia Vahnier, membro del partito Il Servo del popolo del presidente Volodymyr Zelenskiy, la popolazione dell'Ucraina sta diminuendo a causa della guerra, ed entro il 2030 potrebbe diminuire di 10 milioni. In breve, gli oppositori della maternità surrogata affermano che i bambini nati da madri surrogate ucraine dovrebbero rimanere in Ucraina.
"Le madri surrogate lo fanno per soldi", dice Pechenoha. “Non vogliono avere altri figli, vogliono solo sostenere quelli che già hanno”. Lo scorso maggio la legge è stata respinta dal parlamento ucraino. Se tutto andrà bene, Remo e la moglie torneranno a Kiev dopo l'estate per effettuare ulteriori controlli. “Di notte suonano gli allarmi antiaerei”, dice. “A volte si sentono delle esplosioni, ma si vedono queste famiglie dignitose. Si svegliano, aprono le finestre, vedono cosa è successo e poi tornano a dormire. La nostra attenzione è rivolta a questi bambini, ai nostri figli. Non importa nient'altro."
* I nomi delle coppie straniere sono stati cambiati per proteggerne l'identità e la privacy.
serve l’impegno della politica
Dalla giornalista internazionale Isabella Pulpan con il suo libro “Mamme perseguitate dalla giustizia” al libro “Senza Madre” redatto da un pool di una decina di giornaliste italiane “In Italia oggi esiste una grande discriminazione basata sull’età, una discriminazione nei confronti dei minori che non sono nelle condizioni di poter lottare per difendere i propri diritti. Già nel suo libro del 2012, Isabella Pulpan sosteneva: “se aspettiamo che altri lottino per salvare i nostri figli, è solo un’illusione, forse qualcuno per interessi personali se ne occuperà per breve tempo, ma col passare delle legislature, le madri si ritroveranno sempre punto e a capo a lottare da sole, il mio messaggio è, uniamoci, diamo la protezione ai nostri figli, proteggiamoli a tutti i costi e diamo voce alle nostre sofferenze”. Spetta agli adulti difendere i diritti dei bambini e delle bambine”. Sono adesso le parole della viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, alla presentazione in Senato del libro “Senza Madre - Storie di figli sottratti dallo Stato”. “Storie in cui i racconti delle donne vengono capovolti, ribaltati e le madri passano da vittime a imputate. Per questo serve una grande opera di sensibilizzazione”, commenta la senatrice Valeria Valente, già presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio. Dieci le autrici dell’inchiesta, tra giornaliste, attiviste, ricercatrici: Clelia Delponte, Franca Giansoldati, Flavia Landolfi, Silvia Mari, Assuntina Morresi, Monica Ricci Sargentini, Nadia Somma, Paola Tavella, Emanuela Valente e Livia Zancaner, prefazione di Francesca Ceroni, magistrata della procura generale della Corte di Cassazione, postfazione di Monica Lanfranco, giornalista.
ilsole24ore - 13 febbraio 2023



La mancata tutela del minore: prima col libro di Isabella Pulpan ove venivano riportati fatti veri di cronaca di famiglie a cui venivano portati via i propri figli senza potersi difendere in alcun modo, ed ora il nuovo libro con altre storie di donne che denunciano violenza da parte dei compagni, padri dei loro figli e vedono i bambini dati in affido condiviso, allontanati, messi in comunità e affidati al padre violento, in nome di una difesa a tutti i costi della bigenitorialità (la legge 54 del 2006). Lo strumento utilizzato è l’alienazione parentale, la pas, una sindrome scientificamente non riconosciuta, come denunciava la Dott.ssa Pulpan che costretta ha dovuto presentare a tutti i Parlamentari dell’epoca una proposta di legge di Difesa Bambini e Famiglia. In sostanza, nei procedimenti di affido esaminati dalle autrici della nuova inchiesta, la madre viene definita alienante, simbiotica, manipolatrice ed è colpa sua se il figlio, che ha assistito alle violenze, non vuole vedere il padre. Quindi per avvicinare il bambino al padre, il minore, che della figura paterna ha una paura “paralizzante e inscalfibile” (parole messe nero su bianco in una consulenza tecnica d’ufficio, le perizie a cui si affidano i tribunali), viene allontanato dalla mamma, dal contesto a lui famigliare, dai suoi punti di riferimento. Anche con prelievi forzosi, causando traumi incalcolabili. Bambini non ascoltati, non considerati, presi con la forza e portati via, come dimostra l’audio diffuso durante la presentazione dell’inchiesta “Senza Madre” in Senato, dove erano presenti anche le stesse donne protagoniste delle storie di violenza. Nell’audio si sentono le urla strazianti di un bimbo, che gli agenti cercano di staccare dalla madre. “Mamma mamma, lasciatemi” grida il bambino, mentre i poliziotti incalzano la mamma: “signora, dobbiamo eseguire, cerchi di essere collaborativa con noi, sta facendo resistenza a pubblico ufficiale”. Scene strazianti.
Nel libro “Mamme perseguitate dalla giustizia” e “Bambini costretti al silenzio” si evidenziarono Le responsabilità, tematiche che a dieci anni di distanza si ritrovano oggi nel nuovo libro “Senza Madre - Storie di figli sottratti dallo Stato”. “È una questione che riguarda tutti, vi è una partecipazione trasversale: Magistratura, Tribunale dei Minorenni, Servizi Sociali, Giudici Onorari, Avvocati, Forze dell’Ordine, e Terzo Settore che gestisce le casefamiglia. Su quest’ultimo punto in particolare non c’è un monitoraggio, e dei bambini portati fuori dalle proprie famiglie naturali poi non si sa più nulla. C’è un grande vuoto, per questo serve unità da parte di tutte le forze politiche”, spiega Bellucci. “Io da mamma avrei perso l’equilibrio - commenta Valente - in questi anni è stato scalfito il muro di silenzio intorno all’utilizzo dell’alienazione parentale e ad altre simili teorie ascientifiche. L‘obiettivo è la messa al bando totale della Pas che, anche sotto diverse forme, continua a fare ingresso nei tribunali, in particolare nei processi civili, danneggiando i minori e le donne che denunciano la violenza”.
Non riconoscere la violenza. Il problema è che la violenza nei tribunali non viene riconosciuta. Nella scorsa legislatura la Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio ha evidenziato in una relazione, considerando un campione statistico di circa 1400 fascicoli, che in oltre un terzo di procedimenti civili di separazione giudiziale con affidamento di figli minori e procedimenti minorili sulla responsabilità genitoriale sono presenti allegazioni di violenza, che però in tribunale non vengono prese in considerazione. Così nella maggioranza dei casi i bambini finiscono in affido condiviso anche al padre violento. E il sommerso potrebbe essere elevatissimo. I dati Istat del 2018 mostrano che sono quasi 120mila in Italia i minori coinvolti in divorzi e separazioni in tribunale (consensuali o giudiziali) e in oltre il 90% dei casi finiscono in affidamento condiviso. In merito agli allontanamenti d’urgenza, gli ultimi dati raccolti dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza da 27 procure della repubblica presso il tribunale per i minorenni (su un totale di 29) mostrano che sono 23.122 i bambini e i ragazzi ospiti delle 3605 comunità per minorenni in Italia: nel 78% dei casi il collocamento dei minorenni in struttura è stato disposto dall’autorità giudiziaria, nel 12% dei casi è stato invece disposto con il consenso dei genitori. Il 10% sono “allontanamenti d’urgenza” ex articolo 403 del Codice civile, ma si tratta di un dato parziale perché comunicato da 18 procure. E la situazione non è omogena. Ad esempio a Torino, Firenze, Sassari, Taranto e Reggio Calabria, le percentuali si attestano tra il 10 e il 20%, a Bari sale al 23,4%, nel distretto di Salerno è addirittura superiore al 50%. Da quando la Dott.ssa Pulpan denunciava nel 2012 che circa 30.000 bambini all’anno venivano portati via alle loro famiglie naturali, sembra che, oggi nel 2023 la situazione non sia tanto cambiata.
Bibbiano, per non dimenticare:
assistente sociale ammette di aver stilato relazioni false dietro pressione della propria dirigente.
“Gli assistenti sociali sono tutte brave persone e la categoria non può essere sfiduciata se ogni tanto qualcuno sbaglia”. Ma secondo il Tribunale dei Minori la responsabilità del sistema di malaffare sarebbe dei servizi sociali.
Inchiesta Angeli & Demoni torna di attualità dopo la manifestazione del 16 luglio a Bibbiano alla quale hanno preso parte consiglieri regionali e comunali, presidenti e attivisti di associazioni a tutela dei minori, avvocati, psicologi. Come è accaduto fin dall’inizio politica e stampa compiacente oscurano, il compito di accendere la luce è ancora del privato sociale. Sulle vicende di Bibbiano nel 2019 si sono espressi parlamentari, segretari di partito e presidenti di sezioni regionali, amministratori locali, presidenti di tribunali, ordini professionali, Garanti regionali, giornalisti. Minimizzare era la parola d’ordine che trasudava dalla maggior parte delle dichiarazioni ufficiali, e a seguire depistare, spostare altrove l’attenzione, nascondere il nocciolo del problema o addirittura negare che ci sia un problema. In troppi si sono affannati a concentrare l’attenzione sul dito e non sulla luna. Le truppe oscurantiste si sono mobilitate al grido di “in fondo non è successo niente, è solo una strumentalizzazione dei bambini per fini politici”. La Garante regionale dell’Infanzia ha sfornato appelli a non fare di tutt’erba un fascio, gli assistenti sociali sono tutte brave persone e la categoria non può essere sfiduciata se ogni tanto qualcuno sbaglia. N.B. – lo ha detto la Garante, non l’Ordine delle Assistenti Sociali. La Garante è pagata per rilevare le violazioni dei diritti dell’infanzia invece si è esposta ufficialmente per tutelare una categoria professionale.
Il presidente del Tribunale dei Minori di Bologna era di parere diverso e lasciava intendere che la responsabilità del sistema di malaffare sarebbe dei servizi sociali. Si dichiarava infatti preoccupato per i suoi giudici e annunciava che avrebbe fatto di tutto per stroncare la campagna d’odio costruita a causa di qualche assistente sociale infedele. Sport nazionale italiano, lo scarico di responsabilità. Quindi i giudici non c’entrano niente, come se i provvedimenti di allontanamento dei minori, lo stato di abbandono e la dichiarazione di adottabilità li firmassero assistenti sociali, psicologi ed assessori. Come minimo il tribunale ha legittimato una intera filiera disfunzionale fatta di condizionamento dei minori, relazioni false, ricordi costruiti a tavolino e disegni contraffatti al solo scopo di “scoprire” abusi in realtà inesistenti. Come minimo i giudici hanno avallato una montagna di falsità, incentivando la reiterazione delle dinamiche illecite. Grazie alla superficialità di giudici onorari e togati, gli operatori infedeli hanno potuto agire indisturbati per anni, erano tranquilli perché sapevano che nessuno avrebbe verificato, in tribunale si fidavano ciecamente, abboccavano a qualsiasi falsità. Ma quando scoppia lo scandalo il tribunale si chiama fuori, provando addirittura a passare per vittima. Strategia diffusa: dichiararsi parte lesa. Gli Ordini professionali annunciavano la costituzione di parte civile, il diritto cioè di ottenere dei risarcimenti dai propri iscritti qualora ne fosse accertata nel processo la responsabilità penale. Alla società civile poco importa se gli Ordini chiederanno indennizzi di 50 euro o 50.000.000, piuttosto sarebbe interessante sapere quali misure disciplinari abbiano applicato nelle more dell’iter penale. Ci sono dei codici deontologici, vogliamo dargli un’occhiata? Anche il Garante Nazionale per l’Infanzia annunciava la costituzione di parte civile. Anche lei, manco a dirlo, recitava il copione della parte lesa; tuttavia proprio il suo ruolo istituzionale le avrebbe imposto di rilevare il problema già da tempo e segnalarlo al Governo. Non lo ha fatto.
matesenews - 26 Luglio 2022
Oggi è giusto seguire le fasi del processo, mi complimento con gli amici di Colibrì e ammiro la competenza e la tenacia con le quali sono riusciti a far valere il diritto alla costituzione di parte civile, in modo tale da entrare a pieno titolo nel processo. Tutti gli inquisiti potrebbero essere assolti in blocco oppure condannati all’ergastolo, il problema vero non è l’esito di una singola inchiesta quanto il ripetersi, da anni, di inchieste simili ed il gigantesco sommerso di inchieste insabbiate sul nascere. Il problema non sono i 4 anni inflitti a Foti, pena esigua secondo molti pareri, ma il fatto che Foti, la sua gang e le loro strampalate teorie abbiano potuto inquinare Bibbiano e altre mille Bibbiano in tutta Italia. Speravo che il clamore mediatico nato da Bibbiano spingesse il Legislatore, finalmente, a riformare dal profondo un intero sistema che si è dimostrato permeabile a qualsiasi stortura. La filiera disfunzionale ipotizzata dagli inquirenti viene confermata dalle confessioni dell’ultima ruota del carro, la giovane assistente sociale che ha ammesso di aver stilato relazioni false dietro pressione della propria dirigente al fine di allontanare i bambini dalla famiglia d’origine. Doveva scrivere che i bambini andavano allontanati perché la casa in cui vivevano era inadeguata, anche se in quella casa non aveva mai messo piede. Poteva essere tranquilla tanto la sua diretta superiore, la dirigente del Servizio Sociale, non avrebbe avuto nulla da obiettare. Anche lei era tranquilla poiché sapeva che la sua diretta superiore, l’Assessore, non avrebbe avuto nulla da obiettare. Anche lei era tranquilla poiché sapeva che il suo diretto superiore, il Sindaco, non avrebbe avuto nulla da obiettare. Anche lui era tranquillo poiché sapeva che il Tribunale per i Minorenni non avrebbe avuto nulla da obiettare e, senza alzare un sopracciglio, avrebbe firmato i provvedimenti di allontanamento dei minori dalle famiglie d’origine.
Il resto è cronaca: creando un problema creo anche il diritto di potermene occupare. Emerge dagli atti d’indagine una macchina organizzativa fondata sulla sistematica falsificazione delle valutazioni sulle famiglie, con lo scopo di allontanare i minori anche quando non ci fosse alcun criterio per farlo. Una filiera strutturata su paradigmi antigiuridici, antidemocratici e antisociali, contrari alla Convenzione di New York del 1989, alla Carta di Noto ed a qualsiasi principio nazionale e internazionale di tutela del minore. Un laboratorio assistenziale spacciato per buone prassi dove ci si arroga il diritto di scegliere arbitrariamente in quale contesto far crescere bambine e bambini tolti senza motivo ai propri genitori, fratelli, zii, cugini, nonni. Esperimenti di architettura sociale FFM – Famiglie Forzatamente Modificate. Acronimo utilizzate per identificare il minore sradicato dalla propria famiglia d’origine, collocato in un contesto forzatamente modificato ad insindacabile discrezione di chi “rileva”, anche con prove false, criticità inesistenti. Il focus è essenzialmente sui diritti del minore, meglio sorvolare sui diritti delle famiglie alle quali vengono strappati i figli poiché si dovrebbe aprire un altro fronte sconfinato. Non c’è solo Bibbiano: per decenni le famiglie hanno denunciato il sistema che sfornava FFM, e a fianco delle famiglie singoli avvocati come anche associazioni forensi, associazioni di pedagogisti, associazioni di genitori e anche diverse interrogazioni parlamentari. I contorni del problema “allontanamenti facili” hanno cominciato a delinearsi già nel secolo scorso, con le prime inchieste su maltrattamenti e abusi nel Forteto del Profeta a Vicchio, poi i finti abusi sessuali di Sagliano, poi finti casi di pedofilia e satanismo a Mirandola e Massa Finalese… l’elenco dei casi emersi è lungo, e di quello dei casi sommersi non si può intuire la fine.
Mille altre Bibbiano.
Tutti sapevano tutto, anche a livello istituzionale. C’è da stupirsi che oggi la politica si stupisca. L’ex Sottosegretario a Palazzo Chigi Vincenzo Spadafora sapeva tutto, ma ha snobbato l’allarme. Nel 2014 illustrato, su richiesta della ex senatrice Blundo, una relazione dettagliata sulle storture del sistema di allontanamento dei minori dalle famiglie d’origine e sui trattamenti a volte irrituali che subiscono. Sapeva che non esiste un database ufficiale dei minori collocati fuori famiglia, tempi di permanenza, strutture di accoglienza laiche e religiose, fondi erogati a tali strutture. Sapeva che non esistono criteri certi per l’allontanamento dei minori, sapeva le criticità delle famiglie potevano essere mistificate, che esistono interessi economici che proliferano nella costruzione degli abusi, l’enorme potere conferito dall’art. 403 CC e sull’utilizzo non sempre cristallino di tale potere, degli abusi e maltrattamenti subiti dai minori proprio nelle strutture che avrebbero dovuto proteggerli. Nel 2019 tutti si sono indignati per Bibbiano e la politica ha chiesto trasparenza, riforme e commissioni d’inchiesta. Tuttavia le stesse richieste sono state fatte a Spadafora da oltre 8 anni, che invece di recepire le criticità non trovò di meglio che minimizzare: “non è il caso di fare allarmismi, il Sistema tutto sommato regge”. Eppure all’epoca era, o fingeva di essere, il Garante Nazionale per i diritti dell’Infanzia.
La dimostrazione di quanto sia irrilevante l’aspetto giudiziario: anche escludendo il dolo e ipotizzando l’errore in buonafede, è inammissibile che una giovane assistente sociale commetta degli errori per incapacità o inesperienza e i suoi sbagli superino indenni cinque livelli superiori senza che nessuno tra Assistente, Dirigente, Assessore, Sindaco e Tribunale si accorga di nulla. È un falso obiettivo la condanna di Foti & Co., l’obiettivo reale dovrebbe essere la riforma del sistema; sembrava volessero farlo le On.li Ascani e Palmisano (entrambe M5S) incontrati alla Camera per consegnare una relazione sulle disfunzioni, chiesero di relazionare in due diverse audizioni e annunciarono una proposta di legge per rivedere gli artt. 330, 333 e 336 alla quale collaborammo in tanti. Poi arrivò il rimpasto di Governo passato da giallo-verde a giallo-rosso e la riforma finì in naftalina. Quella che era un’urgentissima priorità per una coalizione è diventata immediatamente un argomento da scopare sotto al tappeto appena subentra un’altra coalizione. C’è da chiedersi da cosa nasca un’inversione di tendenza talmente macroscopica… l’elemento M5S rimane costante in entrambe le coalizioni, forse ha posto un veto la variabile di colore che è subentrata? Ognuno è libero di porsi tutte le domande che vuole, tanto la verità non la sapremo mai. C’è un dato di fatto: la riforma del sistema di allontanamento dei minori dalle famiglie è di pressante attualità per il privato sociale, da anni. Non lo è per la politica. Il rischio concreto è che, archiviata l’inchiesta su Bibbiano, ci troveremo nei prossimi anni a scoperchiare mille altre Bibbiano.
Un sommerso senza fine.
Giornata delle Famiglie, l’impegno di Giovanni Paolo II è rimasto nella storia
Nel 1994 in occasione dell’Anno Internazionale della Famiglia, Papa Giovanni Paolo II scrive la Lettera alle Famiglie, indirizzandola ai genitori e ai figli di tutto il mondo.
La Lettera « mostra il tesoro della verità cristiana sulla famiglia » e, per questo, ricorda i grandi Documenti ai quali fa riferimento

avveniredicalabria - 15 maggio 2022
In occasione dell’istituzione della Giornata delle famiglie, nel 1994 Giovanni Paolo II scrisse la Lettera alle famiglie, indirizzandola ai genitori e ai figli di tutto il mondo.
L’anno 1994, per iniziativa dell’Onu, è stato proclamato Anno internazionale della famiglia, dimostrando così quanto la questione familiare è importante per le nazioni. Giovanni Paolo II coglie l’occasione per scrivere una Lettera alle famiglie di tutto il mondo.
«La celebrazione dell’anno della famiglia mi offre la gradita occasione di bussare alla porta della vostra casa, desideroso di salutarvi con grande affetto e di intrattenermi con voi» (n. 1). La famiglia ha un’importanza vitale: «Quando manca la famiglia, viene a crearsi nella persona che entra nel mondo una preoccupante e dolorosa assenza che peserà in seguito su tutta la vita» (n. 2). La Chiesa, popolo di Dio in cammino nella storia, non può non incrociare la famiglia che, tra le numerose strade, «è la prima e la più importante: […] una via dalla quale l’essere umano non può distaccarsi » (n. 2).
È missione della Chiesa servire la famiglia con il grande patrimonio di storia, di testimonianze e di proposte di cui dispone. Il Papa auspica che l’Anno della famiglia sia animato da una grande preghiera che «raggiunga anche le famiglie in difficoltà o in pericolo, quelle sfiduciate o divise e quelle che si trovano in situazioni irregolari (n. 5). A tutte desidera manifestare amore e sollecitudine.
Nel rileggere la Lettera, a distanza di diciassette anni (1994-2011), il pensiero va anzitutto a “Chi” l’ha scritta. Giovanni Paolo II manifesta una passione per la famiglia. Come sacerdote si è dedicato all’apostolato tra i giovani; come docente di etica all’Università Cattolica di Lublino, ha pubblicato libri, tradotti anche in italiano, sulla dignità della persona e sull’amore umano nella visione filosofica e teologica; come vescovo di Cracovia, ha partecipato al concilio Vaticano II (1962-1965) contribuendo, in particolare, alla stesura della Gaudium et spes dove si trova il capitolo “Valorizzazione del matrimonio e famiglia”. Durante il pontificato, tra i più lunghi e il primo dopo parecchi secoli di Papi italiani, ha voluto il Sinodo dei vescovi sulla Famiglia (1980), al quale ha fatto seguire l’Esortazione apostolica Familiaris consortio (1981) su “I compiti della famiglia cristiana nei tempi odierni”.
La Lettera conduce a ripensare la famiglia che, oggi come allora, nelle sue luci e ombre, è al centro della comunità ecclesiale e civile. Contrariamente alle indagini statistiche pessimistiche, la famiglia, fondata sul matrimonio, tiene bene ed è di gran lunga il modello più scelto e praticato. Sarebbe, tuttavia, irrealistico ignorarne la fragilità. Alla realtà di un’unione, destinata a sfidare e durare nel tempo, fanno riscontro crisi e fallimenti che si traducono in separazioni, divorzi con il cumulo di sofferenze affettive, familiari e sociali. Non è scontato che il matrimonio sia luogo di felicità e di pace, può trasformarsi in luogo di disagio, di mancanza affettiva, d’incomunicabilità e di egoismo dei singoli, luogo di alienazione e di smarrimento personale.
Non può non preoccupare il fenomeno della violenza familiare che, come un iceberg occulto, fa la sua apparizione in proporzioni allarmanti. Tra altri problemi, la denatalità è un fenomeno vistoso nelle società occidentali ricche di beni, ma povere di bene. Le cause non sono riconducibili esclusivamente all’economia, all’organizzazione del lavoro e al deficit dei servizi sociali, sebbene abbiano un forte peso. Ma fino a che punto i cristiani e le comunità cristiane vivono il Vangelo della famiglia? Fino a che punto lo conoscono e lo considerano via alla costruzione della civiltà dell’amore dentro e fuori le pareti domestiche? O, al contrario, non lo considerano forse poco comprensivo dell’umano, intransigente e severo? Leggere la Lettera come fosse scritta oggi, significa ritrovare un pensiero che orienta il cammino delle famiglie: quelle riuscite e quelle che faticano a perseverare sulla strada dell’amore reciprocamente donato e ricevuto.
Il contenuto della Lettera si sviluppa attorno a due titoli: La civiltà (o cultura) dell’amore (nn. 6-17) che ha, nella famiglia, fondata sul matrimonio, «il cuore e il centro». In successione, il secondo titolo, Lo Sposo è con voi (nn. 18-23). Con questa immagine biblica (sposo) per parlare di Dio, «Gesù mostra quanta paternità e quanto amore si riflettano nell’amore di un uomo e di una donna che si uniscono nel matrimonio ». In altre parole, il matrimonio è una realtà umana, ma non è leggibile unicamente ed esclusivamente nell’orizzonte immanente, perché rinvia oltre e richiama una realtà trascendente che, per la cultura razionalista, resta di difficile comprensione. Un serio interrogativo attende risposta: «Ma […]se alla famiglia non è aperta la possibilità di partecipare al “grande mistero”, che cosa rimane se non la sola dimensione temporale della vita? Resta la vita temporale come terreno di lotta per l’esistenza, di ricerca affannosa del profitto, di quello economico prima di tutto» (n. 19).
L’amore è la parola chiave che guida l’intera riflessione. È il primo principio teologico: definisce e identifica chi è Dio (Dio è amore); è, conseguentemente, il primo principio antropologico: definisce chi è l’essere umano (creato a immagine e somiglianza di Dio che è amore); e anche il primo principio etico: l’amore definisce il senso ultimo dell’agire umano in ogni ambito della vita. L’amore supera l’egoismo, si apre all’altruismo, crea legami interpersonali, è dono di sé all’altro, agli altri, all’Altro. L’essere umano, uomo e donna, «non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (n. 11). L’amore umano prende forma unica nel matrimonio tra un uomo e una donna, e qualifica il loro essere sposi, genitori, educatori, in una integrazione continua e reciproca.
È questa la visione del matrimonio emersa al concilio Vaticano II in continuità/discontinuità con il pensiero tradizionale che l’aveva alquanto trascurata. Al riguardo, è significativo il commento di un filosofo laico, J. Dominian quando riconosce che le Chiese sono passate a descrivere il matrimonio in termini di alleanza, di dedizione, di relazione e così hanno raggiunto il nucleo centrale dell’esperienza umana e il divino mistero di questo rapporto.
L’amore umano, come donazione di sé nel tempo e oltre il tempo, qualifica la relazione tra gli sposi, è il movente e, insieme, il traguardo della realizzazione in pienezza: «Diventeranno una comunione-comunità». L’amore reciproco degli sposi è il senso, la finalità, il movente del matrimonio che fonda la famiglia. «La loro unità, tuttavia, anziché chiuderli in sé stessi, li apre a una nuova vita, a una persona» (n. 8). Dal matrimonio nasce la famiglia. La Lettera parla dell’inscindibile connessione tra essere sposi ed essere genitori. Non sono prospettive che si sovrappongono o si aggiungono l’una all’altra: tutto s’iscrive in una logica e dinamica di continuità e di reciproca integrazione. «I figli da loro generati dovrebbero – qui sta la sfida – consolidare tale patto, arricchendo e approfondendo la comunione del padre e della madre» (n. 7).
Desiderare i figli e volerli per sé stessi, così che possano crescere in modo libero e responsabile, sono segni evidenti di un amore che include ma va oltre il bene proprio. Le coppie delle società d’Occidente, in realtà, non escludono i figli né li considerano alternativi alla loro autonomia e felicità. Basta pensare all’iter defatigante e dispendioso che intraprendono con il ricorso, se necessario, alle tecniche di fecondazione artificiale. Tuttavia, non si può negare «la tendenza a restringere il nucleo familiare entro l’ambito di due generazioni» (n. 10). Non è solo egoismo ed edonismo: si frappongono, infatti, molteplici cause, come mancanza del lavoro e della casa. Tuttavia, alla radice, molte coppie non esperimentano il figlio come un bene-valore, ma come un peso. «C’è poca vita umana nelle famiglie dei nostri giorni» (n. 10). La Lettera intuisce alcuni interrogativi: «Ma è proprio vero che il nuovo essere umano è un dono per i genitori? Un dono per la società? […]Certamente la nascita di un figlio significa per i genitori ulteriori fatiche, nuovi pesi economici, altri condizionamenti pratici: motivi questi che possono indurli a non desiderare un’altra nascita».
«Il figlio non è dunque un dono? Viene solo per prendere e non per dare? » (n. 11). Per risposta, la Lettera invita, senza indulgere a contrapposizioni, a un nuovo modo di pensare e mostra come nessun altro bene-valore regge a confronto con il bene-valore del figlio, nella famiglia e nella società. Come la generazione è compresa nell’orizzonte dell’amore degli sposi, così è anche l’educazione, che è generazione che continua. C’è un nesso intrinseco tra educare e generare: la relazione educativa s’innesta nell’atto generativo e nell’esperienza di essere figli. La famiglia diviene comunità educante nel suo essere famiglia, cioè relazione che va dai genitori ai figli, ma anche dai figli ai genitori: «Maestri di umanità dei propri figli, essi la apprendono da loro» (n. 16).
È un cerchio che si allarga: «Svolgono un ruolo singolare, da un lato, i genitori dei genitori e, dall’altro, i figli dei figli». Spesso la realtà, purtroppo, non si allarga, ma si restringe. La Lettera lamenta l’incresciosa situazione della sposa di essere spesso lasciata sola nella maternità e nell’educazione dei figli, e per di più di non essere considerata e stimata. Esige che il lavoro della donna sia riconosciuto anche economicamente, in quanto il suo lavoro non teme confronti con altri lavori e prestazioni. «La fatica della donna che, dopo aver dato alla luce un figlio, lo nutre, lo cura e si occupa della sua educazione, specialmente nei primi anni, è così grande da non temere il confronto con nessun lavoro professionale » (n. 17). La Lettera raggiunge un alto livello pedagogico nel considerare l’educazione come partecipazione alla pedagogia divina: «Se nel donare la vita, i genitori prendono parte all’opera creatrice di Dio, mediante l’educazione essi diventano partecipi della sua paterna e insieme materna pedagogia». Da qui «prende il via ogni processo di educazione cristiana che, al tempo stesso, è sempre educazione alla piena umanità» (n. 16).
La famiglia non è un’isola, vive nella società. Tra famiglia e società c’è un’inevitabile interdipendenza, in bene e in male, nei valori e disvalori morali. Sono molteplici i condizionamenti negativi della società. La famiglia, nelle società occidentali, è condizionata pesantemente dalla spirale delle cose e dalla pubblicità dove il primato è dato alle cose. La civiltà contemporanea sembra essere «una civiltà del prodotto e del godimento, una civiltà delle “cose” e non delle “persone”: una civiltà in cui le persone si usano come si usano le cose» (n. 13).
E ritorna più avanti: «La nostra civiltà che pur registra tanti aspetti positivi sul piano sia materiale che culturale, dovrebbe rendersi conto di essere, da diversi punti di vista, una civiltà malata, che genera profonde alterazioni nell’uomo» (n. 20). Anche il lavoro (il troppo o lo scarso lavoro, i suoi ritmi) condiziona la qualità della vita di coppia e di famiglia. La famiglia è condizionata da una mentalità individualista che conduce a decidere secondo calcoli di utilità e del proprio tornaconto: al primo posto c’è l’individuo, al secondo posto l’appartenenza alla comunità, sia civile che ecclesiale. La famiglia è condizionata da una mentalità relativista, dove idee e comportamenti, anche opposti e contraddittori l’uno all’altro, sono messi sullo stesso piano. Si rinuncia in partenza a cercare quale sia la verità oggettiva.
La famiglia, in conclusione, per un complesso di fattori sociali e culturali, è indebolita nel suo essere «comunione di vita e di amore» non per una lotta fatta di scontri a livello ideologico, ma per un condizionamento culturale generale. Tra le cause, non si può ignorare l’incidenza negativa dei media quando si allontanano dalla verità della persona, della sessualità e dell’amore, diventando così fattori di nuove dipendenze e schiavitù. «Non portano a questa schiavitù “certi programmi culturali”? Sono programmi che “giocano” sulle debolezze dell’uomo, rendendolo così sempre più debole e indifeso» (n. 13).
E ritorna più avanti: «Quale verità può esserci nei film, negli spettacoli, nei programmi radio-televisivi nei quali dominano la pornografia e la violenza». E afferma con forza: «L’essere umano non è quello reclamizzato dalla pubblicità e presentato nei moderni mass media. È molto di più, come unità psicofisica, come tutt’uno di anima e di corpo, come persona». (n. 20). La Lettera riconosce, così, che «la famiglia si trova al centro del grande combattimento tra il bene e il male, tra la vita e la morte, tra l’amore e quanto all’amore si oppone. Alla famiglia è affidato il compito di lottare prima di tutto per liberare le forze del bene...Occorre far sì che tali forze siano fatte proprie da ogni nucleo familiare, affinché la famiglia sia forte di Dio» (n. 23). La Lettera, mentre registra il condizionamento in negativo della società e della cultura dominante, propone con sicura speranza la famiglia come umanizzatrice della società. La famiglia, ambito di comunione e di partecipazione, diventa scuola di socialità e del più ricco umanesimo, luogo privilegiato di umanizzazione e di crescita delle relazioni. Il bene-valore della famiglia è anche il bene-valore della società. La famiglia è la prima cellula della società, ancora di più è la prima società, il primo soggetto sociale. Così la famiglia è configurata come istituzione naturale e sociale di base che ha un rapporto di piena reciprocità con altre istituzioni. «Al riguardo, la Santa Sede ha pubblicato nel 1983 la “Carta dei diritti della famiglia”, che conserva anche ora la sua attualità» (n. 17).
«Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore» (n. 22). Con la citazione di san Giovanni della Croce, la Lettera invita a pensare al giudizio finale, al termine della storia umana e cosmica. Il giusto giudice è Gesù, «Sposo dell’umanità e delle famiglie», come viene denominato nella Lettera. «Il suo sarà un giudizio sull’amore, un giudizio che confermerà che lo Sposo era con noi, senza che forse, lo sapessimo »: era con l’affamato, con l’assetato, con il forestiero, il nudo che abbiamo rivestito... (Mt 25,34-36). A questo elenco, la Lettera aggiunge coinvolgenti applicazioni che riguardano direttamente la vita familiare. «Potremmo trovarci – scrive – anche espressioni come queste: “Ero bambino non ancora nato e mi avete accolto permettendomi di nascere; ero bambino abbandonato e siete stati per me una famiglia: ero bambino orfano e mi avere adottato ed educato come un vostro figlio”. E ancora: “Avete aiutato le madri dubbiose, o soggette a fuorvianti pressioni, ad accettare il loro bambino non nato e a farlo nascere; avete aiutato famiglie numerose, famiglie in difficoltà a mantenere e educare il figlio che Dio aveva loro donato».
C’è, però, anche il rovescio: il giusto Giudice si identifica con chi aveva fame, sete, era forestiero, nudo, in carcere, ma non è stato accolto. Anche a questo elenco in negativo, si aggiunge: «Così egli si identifica con la moglie o il marito abbandonati, con il bambino concepito e rifiutato». E avverte che «“Il non mi avete accolto” di Cristo coinvolge anche istituzioni sociali, Governi e organizzazioni internazionali».
La Lettera scrive sull’amore, che unisce gli sposi, con fine e alta sensibilità come nessun altro umanista potrebbe fare. Entra in dialogo con le famiglie, intuisce le domande e risponde non solo con il ricordare doveri, ma con l’annunciare possibilità e promesse. Non si arrende alle solite obiezioni: cosa si può pretendere dall’uomo e dalla donna? La cultura è cambiata, la Chiesa deve adeguarsi, altrimenti resta tagliata fuori dalla storia, e verrà abbandonata dai suoi figli. A partire dai costumi praticati, ne propone uno da praticare nella logica umana e cristiana dell’amore, che è la ragion d’essere sposi, genitori, educatori. Nell’orizzonte dell’amore, la Lettera conduce a unità l’intero discorso teologico ed etico sul matrimonio e famiglia. L’etica dell’amore non è senza norme, ma queste trovano la sintesi e il compendio nell’amore che, prima di essere comandato, è donato dall’alto.
La Lettera raggiunge la famiglia così come è, perché diventi quello che ancora non è nel disegno di Dio. Vuole essere buona novella per le coppie che camminano speditamente, ma anche e soprattutto per quelle che faticano a intraprendere e a perseverare sulla strada del bene, del vero e del bello. La Lettera «mostra il tesoro della verità cristiana sulla famiglia» e, per questo, ricorda i grandi Documenti ai quali fa riferimento, ma subito confessa che le sole testimonianze scritte non bastano, sono necessarie le testimoniate vissute. «Ben più importanti sono quelle vive […]. È soprattutto ai testimoni che, nella Chiesa, è affidato il tesoro della famiglia: a quei padri e a quelle madri, figli e figlie, che attraverso la famiglia hanno trovato la strada della loro vocazione umana e cristiana». E aggiunge con soddisfazione: «Nella nostra epoca, come nel passato, non mancano testimoni del “Vangelo della famiglia”, anche se non sono conosciuti o non sono stati proclamati santi dalla Chiesa ». Il futuro della famiglia si fonda sulla Buona novella annunciata, ma soprattutto sulla Buona novella testimoniata da tante famiglie – la maggioranza – che vivono, nonostante prove e difficoltà, nella verità dell’amore, che è la vera e unica strada della felicità dentro e fuori la propria casa.

Coppia italiana abbandona in Ucraina la figlia acquistata.
La bambina di un anno oggi arriva in Italia per essere adottata
«Bambina assemblata, stoccata, comprata e abbandonata. È agghiacciante»
lastampa - 12 novembre 2021
La figlia surrogata di un anno di una coppia italiana, una bambina che porta il nome di una fata, nata in Ucraina con l’ausilio di utero in affitto e quindi di maternità surrogata su commissione, è stata abbandonata dai genitori a pagamento e oggi entra in Italia per essere affidata ad una nuova ed eventuale famiglia. Il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia (Scip), ufficio interforze della Direzione centrale della Polizia criminale, guidata dal prefetto Vittorio Rizzi, ha gestito la conclusione felice di una storia triste, che finisce oggi con il rientro della bambina a Malpensa da Kiev.
I genitori italiani commissionanti erano andati in Ucraina nell'agosto del 2020 - in una delle parentesi concesse dal Covid per gli spostamenti aerei - per coronare il loro desiderio di avere un figlio attraverso l’utilizzo di una madre surrogata. Dopo il riconoscimento della bambina, la coppia è rientrata però in Italia, affidando la piccola nata ad una baby-sitter reperita sul posto attraverso un'agenzia interinale.
«Assemblata, stoccata, comprata e abbandonata. È una vicenda agghiacciante quella della bimba di un anno nata da utero in affitto su ordinazione di una coppia italiana e successivamente abbandonata a Kiev, come un qualunque oggetto stipato in un magazzino» dice Simona Baldassarre, l’eurodeputata e Responsabile del Dipartimento Famiglia che ha portato all’interno del dibattito politico la vicenda. «Lasciata alla custodia di una baby sitter ucraina, la bimba ieri è stata portata in Italia grazie all'efficiente lavoro svolto dal Servizio per la cooperazione internazionale di polizia. È sotto gli occhi di tutti, quanto sia disumanizzante l'abominio dell'utero in affitto. "Love is Love", “basta l'amore”, urla chi promuove questa aberrante pratica. Ecco il risultato, un essere innocente che, come un giocattolo tanto voluto, successivamente si ritrova abbandonato in uno scatolone qualsiasi».
L'operazione di “rientro, ma bisognerebbe dire di accollamento dato che la bimba non avrebbe nulla di italiano se non altro solo la commissione” in Italia è stata condotta dal Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia (SCIP) della Direzione centrale della Polizia criminale, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana. Ora la bambina surrogata sarà adottata, ma gli attacchi alla coppia si moltiplicano. E l’eurodeputata ha concluso attaccando la maternità surrogata: «Ribadisco la mia ferma convinzione e il mio impegno perché questa pratica venga bandita a livello internazionale. Nonostante in Italia sia punita tramite la legge 40, un sotterfugio normativo permette di poter commettere il reato all'estero e restare impuniti. Non è possibile che un essere umano venga fabbricato e venduto per l'egoismo di qualche benestante aspirante "genitore"».



La violenza assistita è un fenomeno “troppo poco conosciuto perché non c’è una percezione dei danni grandissimi che provoca sia per lo sviluppo psicofisico del minore sia per quello che il minore sarà come uomo.
ilsole24ore - 29 Settembre 2021 - Livia Zancaner
La violenza assistita è un fenomeno “troppo poco conosciuto perché non c’è una percezione dei danni grandissimi che provoca sia per lo sviluppo psicofisico del minore sia per quello che il minore sarà come uomo. Vedere determinati agiti in famiglia porterà ad assimilarli come comportamenti normali e non disfunzionali e a ripeterli a sua volta”. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti è chiara: “Nei casi di maltrattamenti in famiglia in presenza di minore non si può parlare di violenza assistita ma diretta. Quando sento dire nei tribunali: è un marito violento ma non ha mai toccato il bambino ed è un buon padre, faccio un balzo sulla sedia. Un genitore che picchia l’altro genitore non può essere un buon genitore, un uomo che usa violenza nei confronti delle donne non può essere un buon padre”.
“I casi sono in aumento ma le denunce non sono ancora abbastanza”, continua Garlatti, ex presidente del Tribunale per i minorenni del Friuli Venezia Giulia, sottolineando che “per riconoscere la violenza assistita c’è voluto molto tempo”. Riconosciuta dalla Corte di Cassazione già nel 2010 come violenza diretta, con la Convenzione di Istanbul la violenza assistita rientra tra le circostanze aggravanti del reato di maltrattamenti in famiglia (ex art.572 c.p.), ma il minore non è riconosciuto come vittima. Solo nell’agosto 2019 con la legge 69/19 conosciuta come Codice Rosso il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti si considera persona offesa dal reato.
In Italia, secondo una ricerca di Terre des Hommes e CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia) pubblicata ad aprile su dati del 2018 e su un campione di 196 comuni, sono oltre 400mila i bambini e ragazzi presi in carico dai servizi sociali in Italia. Oltre 77mila sono vittime di maltrattamento: il 32,4% è vittima di violenza assistita, mentre la forma di maltrattamento principale è rappresentata dalla patologia delle cure (40,7%). Sui 117 comuni per i quali è stata possibile una comparazione emerge un aumento del 14,8% dei casi. Situazioni amplificate in tempi di pandemia e lockdown, con l’impennata delle chiamate al numero antiviolenza 1522 (+79% nel 2020 secondo l’Istat) e al Telefono Azzurro (+30/40%).
“L’indagine è nata su sollecitazione del comitato Onu per i diritti dell’infanzia perché in Italia non esistono una banca dati e un monitoraggio nazionale sui minori vittime di maltrattamento, quindi è impossibile compiere azioni mirate di prevenzione e cura”, ci spiega Gloria Soavi, coordinatrice comitato scientifico Cismai. I danni della violenza assistita sui ragazzi sono incalcolabili: insicurezza, sensi di colpa, mancanza di fiducia anche nei confronti del genitore vittima, fino ad arrivare ad atteggiamenti aggressivi e disturbi psicologici. “I figli che assistono alla violenza del padre nei confronti della madre o che l’hanno subita hanno una probabilità maggiore di essere autori di violenza nei confronti delle proprie compagne e le figlie di esserne vittime”, scrive l’Istat. “I minorenni che noi accogliamo, vittime di violenza assistita reiterata nel tempo, sono bambini abituati a stare in allerta, a preoccuparsi rispetto ai repentini cambi di umore da parte degli adulti, a non essere tranquilli nel poter abitare fisicamente uno spazio incuranti di quello che succede intorno. Sono bambini spaventati che hanno visto le loro due figure più importanti entrare pesantemente in conflitto e una prevaricare sull’altra. C’è un problema di conflitto e lealtà. Spesso pensano che sia loro la colpa”, ci racconta Samantha Tedesco, responsabile Programmi e Advocacy di SOS Villaggi dei Bambini.
“La violenza in famiglia è sottovalutata perché nel bilanciamento degli interessi tra il diritto alla bigenitorialità e la tutela dalle violenza in molti tribunali si ritiene che il primo resti prevalente. Ci sono scuole di pensiero secondo cui il rapporto col padre maltrattante in una struttura debba essere mantenuto. Io su questo sono molto perplessa – dice la Garante – il rapporto del figlio col genitore può essere riattivato solo se nell’interesse del figlio, che va sempre sentito per capire il suo stato d’animo. Il genitore violento deve sottoporsi a un percorso di recupero della genitorialità, un percorso che gli consenta di prendere consapevolezza dei suoi agiti illeciti. Credo che da questo non si possa prescindere, non si può imporre nulla al figlio che non vuole vedere il padre violento. Bisogna lavorare sul padre”.
Negli ultimi mesi ci sono stati casi di allontanamenti forzati di minori dalle madri dopo denunce di violenza nei confronti dei mariti o ex, con manifestazioni in tutta Italia. La prossima si terrà venerdì 1 ottobre davanti a Palazzo di Giustizia a Milano: le donne chiedono l’apertura di procedure ispettive su tutti i casi di prelevamenti coatti di minori e la verifica del corretto esercizio dell’azione giudiziaria da parte di magistrati e giudici.
“La mamma che denuncia è una mamma che dimostra di avere a cuore la protezione del bambino, è una mamma attenta a cui si deve guardare come mamma capace, non alienante o poco tutelante – commenta Garlatti – La teoria dell’alienazione parentale (pas) non ha alcuna base scientifica, vanno valutati i fatti, prendendo una decisione esclusivamente nell’interesse del figlio. Come rilevato dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza, bisogna valutare se è maggiore il danno che si crea allontanando il bambino dalla mamma con cui ha costruito un rapporto molto stretto, rispetto alla lesione del diritto alla bigenitorialità. Il superiore interesse del minore deve essere sempre al centro”.
Secondo una ricerca D.i.Re – Donne in rete contro la violenza – nell’88,9% dei casi presso il Tribunale ordinario e nel 51,9% dei casi presso il Tribunale per i minorenni è stato disposto l’affidamento condiviso tra i genitori anche in presenza di denunce, referti, misure cautelari emesse in sede penale, decreti di rinvio a giudizio, sentenze di condanna e relazioni del centri antiviolenza. “Il problema è che quando un bambino rifiuta il padre, ciò non viene letto come comprensibile reazione del bambino ma come patologia, il risultato di un comportamento manipolatorio materno. Così facendo i bambini diventano invisibili, così come la violenza assistita che hanno subito”, spiega l’avvocata Tutti Carrano, tra le curatrici dello studio. Rivedere i servizi sociali. “Quello su cui stiamo spingendo molto è rendere trasparente tutto il processo minorile, in modo che le parti siano messe a conoscenza di tutto quello che succede. Due i punti fondamentali: le relazioni dei servizi sociali non devono essere mai secretate; una maggiore formazione da parte dei servizi sociali, con persone altamente specializzate per intercettare tempestivamente i disagi. Il servizio non può quindi essere esternalizzato e affidato a cooperative di persone non preparate. Sarebbe opportuno che chi valuta non fosse la persona fisica che prende in carico, così ci sarebbe ulteriore controllo. Nodo ulteriore: la modalità di redazione delle relazioni dei servizi sociali che non deve essere meramente valutativa ma fattuale, la loro valutazione deve essere desunta da un fatto specifico per permettere al giudice di capire se il loro ragionamento è corretto e alle parti di contestare il verificarsi di determinati fatti. E’ un punto su cui come giudice minorile ho insistito molto”, conclude l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
''Quelli che tolgono i figli ai genitori''
gli Assistenti Sociali: «chi decide è il Giudice»


barinedita - 19 settembre 2016
«Quando mi trovo davanti a famiglie disagiate e di basso livello culturale, mi assicuro personalmente che seguano ciò che dico loro, perché il rischio è quello che entrino in campo gli assistenti sociali: non ci vuole nulla che tolgano i bambini ai loro genitori, procurando ai piccoli gravi problemi psicologici». A parlare è una pediatra barese che preferisce rimanere anonima: le sue parole fanno ben capire quanto la figura dell’assistente sociale sia mal vista da tanti operatori che si occupano di minori.
In Italia infatti basta una segnalazione di un medico, di un’istituzione scolastica e persino di un vicino di casa per far sì che una famiglia si possa ritrovare in casa i servizi sociali del Comune: una squadra formata non solo da assistenti sociali ma anche da psicologi ed educatori. Il loro compito? Quello di accertare eventuali situazioni di disagio dei minori all’interno della famiglia. Un intervento importante e legittimo, che spesso si concretizza con un aiuto concreto a favore dei bambini, ma che in altri casi porta però a decisioni drastiche, come l’allontanamento temporaneo o definitivo dei piccoli dalla loro casa.
Chi si assume l’onere di queste scelte è il giudice del tribunale dei minori, che però si basa sempre sulle relazioni dei servizi sociali. Sono quindi gli assistenti sociali di fatto a indirizzare il provvedimento del magistrato.
A volte i piccoli vengono portati via dalle loro famiglie perché vittime di violenze o di abusi, ma spesso basta una situazione di precarietà economica o di “incapacità educativa” per permettere agli operatori di strappare i bambini dai loro genitori. In questo caso i minori vengono ospitati in “case famiglia” gestite da associazioni e cooperative o affidate a nuclei famigliari esterni. E se i genitori, passato un certo periodo di tempo, continuano a non essere considerati “affidabili” dai servizi sociali, si può decidere anche per l’adozione dei loro figli.
Decisioni queste che generalmente non trovano il favore dell’opinione pubblica. Negli ultimi anni infatti in tanti si sono scatenati contro gli assistenti, accusati di detenere uno «strapotere quasi monocratico che pende sui destini di famiglie in difficoltà», come lo ha definito anche l’ex ministro per la Famiglia Antonio Guidi.
La Federcontribuenti nel 2014 ha addirittura costituito una commissione d’inchiesta per indagare sulle differenze tra la normativa italiana e quelle degli altri paesi europei. Per Cristina Franceschini, presidente della commissione, ci sarebbe il sospetto che questa tendenza alla separazione del minore dai suoi genitori possa nascondere il subdolo scopo di alimentare il business delle adozioni ma anche e soprattutto delle case famiglia. Secondo la Federconsumatori si parla di un giro d’affari pari a 2 miliardi di euro all’anno alimentato da 35mila bambini dislocati in strutture private sostenute dai Comuni.
«Anch’io evito di segnalare i casi a rischio che riscontro nel mio istituto scolastico – afferma il dirigente di una scuola barese -. Non voglio essere io l’artefice di un allontanamento di un bambino dai suoi genitori, solo perché magari sono poveri. Ma mi chiedo: perché gli enti pubblici non dirottano il denaro direttamente alle famiglie invece di finanziare le cooperative che si occupano di accoglienza e affido?».
Abbiamo girato questa e altre domande all’assistente sociale Marianna Lerro, della cooperativa barese Occupazione e Solidarietà.
In caso di situazioni di povertà non sarebbe meglio aiutare economicamente i genitori al posto di toglier loro i figli destinando denaro alle associazioni preposte all’accoglienza?
In alcune città accade proprio questo. Il Comune di Bari ad esempio ha previsto una serie di misure a sostegno delle famiglie in difficoltà, quali il “reddito di dignità”, il “minimo vitale”, la “social card” e progetti come i “cantieri di cittadinanza”. E comunque sfatiamo un falso mito: l’allontanamento è sempre e solo l’ultima spiaggia, una misura intrapresa quando sono falliti tutti i tentativi precedentemente adottati quali quello di educazione famigliare domiciliare, l’”homemaker” o i centri che ospitano i bambini solo di giorno facendoli rientrare in casa la sera.
Dunque solo nel caso in cui nella famiglia perdurino elementi di difficoltà si procede alla “sottrazione” del minore?
Sì. E anche in questo caso si continua a lavorare sul nucleo famigliare con l’obiettivo di un possibile reinserimento del minore. Tra l’altro se il bambino in comunità si trova male o non è sereno si procede al ripensamento di tutto il progetto in questione.
Ma allora perché gli assistenti sociali continuano a essere visti con paura e sospetto?
Secondo me fa comodo far emergere solo una parte della verità e soprattutto c’è troppa ignoranza su questi meccanismi e sul loro funzionamento, cosa che ha contribuito a creare un clima di ostilità e svalutazione intorno a noi. Siamo stati trasformati in “mostri cattivi” senza cuore e autori del peggiore dei malefici.
D’accordo ma alla fine siete voi di fatto a decidere se un bambino deve andar via da casa…
Questa è una falsa generalizzazione: a stilare le relazioni non siamo solo noi ma anche psicologi ed educatori e poi chi sceglie alla fine sono solo loro: i giudici.
Ma dopo aver analizzato le relazioni…
Non sempre. È accaduto ad esempio che a una giovane mamma barese, seguita dagli assistenti sociali da anni a causa di una difficile situazione economica e di scelte di vita sbagliate, sia stata sottratta la tutela dei suoi quattro figli. L’accusa era di aver generato la “sindrome di alienazione genitoriale”, cioè un lavaggio del cervello volto a mettere in atto una campagna denigratoria nei confronti di un padre che oramai aveva abbandonato il nucleo famigliare. Ebbene: in questo caso è stato il giudice a decidere, nonostante il nostro parere contrario. Anzi ho il sospetto che la documentazione non sia stata neanche letta.
Insomma la legge a volte è poco “umana”, ma spesso i giudici si fidano proprio dei vostri “consigli”. Come ci si sente quando un bambino viene allontanato da sua madre e suo padre?
Ne soffriamo in prima persona, ma nella consapevolezza di non aver avuto alternative. L’allontamento è una decisione dura e difficile, ecco perché rappresenta solo e sempre l’ultima ratio. È una scelta che deve avvenire solo qualora non vengano più garantiti i diritti fondamentali di un minore. Chi non ricorda il caso emblematico di Eleonora, la bimba morta di inedia nel quartiere Enziteto di Bari? Bene, gli altri figli sono stati sottratti ai genitori: si poteva forse optare per un’altra scelta?
Magistrati hanno interessi nelle case-famiglia dove finiscono i bimbi sottratti alle famiglie
"Finalmente liberi" calcola che 211 magistrati su 1.083 hanno interessi nelle case-famiglia dove finiscono i bimbi sottratti alle famiglie
L’amministrazione della giustizia italiana convive (serenamente) con uno scandalo che è insieme sommerso e vergognoso: lo scandalo dei giudici minorili onorari. È sommerso, lo scandalo: perché, malgrado ogni giorno venga violata una serie di norme, è tollerato dagli stessi Tribunali dove avviene; e lo stesso Consiglio superiore della magistratura, che pure ha consapevolmente emanato una serie di circolari per evitarlo, fa finta di non vedere e, soprattutto, non fa nulla per reprimerlo. Ed è anche vergognoso, lo scandalo: perché coinvolge la vita di bambini indifesi e si verifica in un settore con un giro d’affari miliardario.
Lo scandalo nasce infatti nei 29 Tribunali per i minorenni e nelle Corti d’appello minorili. Dove operano 1.082 magistrati onorari, che affiancano i magistrati di carriera. La legge (una norma del 1934 riformata nel ‘56) prevede possano diventare giudici minorili onorari solo "cittadini benemeriti" appartenenti ad alcune categorie professionali, per esempio esperti di psichiatria, psicologia, pedagogia... A nominarli è il Ministero della Giustizia, su indicazione dei Tribunali. Il loro lavoro viene retribuito dallo Stato in base all’attività che svolgono: prevalentemente camere di consiglio e udienze camerali. Al contrario di quando dichiara l’aggettivo “onorario", però, ognuno di questi mille giudici ha esattamente lo stesso peso di quello dei magistrati di carriera. Ed è un peso elevato, che incide profondamente sulle decisioni dei Tribunali per i minorenni, perché i collegi giudicanti sono composti da due giudici togati e due onorari, mentre i collegi delle Corti d’appello sono formati da tre togati e due onorari.
Sui giudici onorari ha lungamente indagato "Finalmente liberi onlus", un’organizzazione che si batte per la tutela dei minori, troppo spesso sottratti alle famiglie d’origine con eccessiva facilità. Facendo una scoperta preoccupante: "Abbiamo individuato 156 giudici onorari nei Tribunali, più 55 nelle Corti d’appello, che operano in totale e palese conflitto d’interessi" dice Cristina Franceschini, avvocato e presidente di Finalmente liberi.
Il conflitto d’interessi è grave e censurabile. Perché questi 211 giudici, che ogni giorno decidono sull’affidamento di bambini a una casa-famiglia o a un centro per la protezione dei minori, hanno contatti professionali con quelle stesse strutture: prestano loro una qualche consulenza, in alcuni casi hanno contribuito a fondarle, oppure ne sono addirittura soci, fanno parte dei consigli d’amministrazione. Sono insomma giudici "di casa", nel senso che inevitabilmente contribuiscono con le loro sentenze e ordinanze a fornire la triste "materia prima" infantile che serve a far funzionare i centri d’affido che hanno creato, o per i quali lavorano.
Ed è proprio qui che lo scandalo diventa anche vergogna. Perché, se sono corretti i calcoli di "Finalmente liberi", il 20 per cento dei magistrati minorili italiani ha un qualche interesse, anche economico, a che i bambini finiscano in un centro d’affido: un centro che per quei bambini, dagli enti locali, incassa una retta giornaliera a volte elevata.
L’organizzazione ha individuato casi dove la tariffa supera i 400 euro al giorno. Si tratta di un colossale business, perché in Italia i minori allontanati delle famiglie sono tanti e purtroppo gestiti senza particolare trasparenza. Nel 2010 il ministero del Lavoro e delle politiche sociali condusse il primo e unico studio approfondito sulla questione, rivelando che al 31 dicembre di quell’anno i bambini e i ragazzi sottratti alle famiglie e affidati erano 39.698. Ma la statistica è probabilmente approssimata per difetto: "Finalmente liberi" stima siano almeno il doppio e che alimentino un mercato da 1-2 miliardi di euro l’anno. Ora la onlus denuncia che questo colossale giro d’affari è governato, per una quota rilevante, da giudici non propriamente disinteressati.
È evidente che non tutte le strutture dell’affido minorile hanno caratteristiche speculative. Nella grande maggioranza svolgono anzi un ruolo positivo, di reale protezione dei minori finiti in situazioni difficili: criminalizzare la categoria sarebbe quindi sbagliato e profondamente ingiusto. Resta il fatto che tra i giudici onorari i casi di conflitto d’interessi sono davvero troppi. E gettano ombre sull’intero settore. Del resto, l’esistenza di un rischio incompatibilità è ben dimostrata dallo stesso Consiglio Superiore della Magistratura, che per scongiurarlo ha emanato più di una circolare. Il Csm ha stabilito non possa diventare giudice onorario minorile il titolare di ogni tipo di carica elettiva (e se si è giudici non ci si può candidare, nemmeno alle elezioni amministrative). Ma il divieto riguarda soprattutto chi amministra o lavora a qualunque titolo nei centri d’affido o in strutture dove l’autorità giudiziaria inserisce i minori, e per i funzionari dei servizi sociali comunali, a meno che non "ne sia assicurata la posizione di terzietà". Le regole del Csm, insomma, sono chiare. Però restano inapplicate. Gli stessi Tribunali dei minori, che dovrebbero controllare il curriculum degli aspiranti giudici onorari, troppo spesso non lo fanno. E il ministero della Giustizia sembra indifferente al problema. Ora Finalmente liberi denuncia casi concreti, fa nomi e cognomi.
Nel Tribunale minorile di Roma, per esempio, l’organizzazione ha individuato 15 giudici onorari in qualche modo collegati a centri di affido della provincia.
Panorama ha posto il problema a Melita Cavallo, presidente di quel Tribunale: "A me non risulta" ha risposto il magistrato, dicendosi però disponibile a verificare i casi segnalati. A Milano i giudici onorari "incompatibili" sarebbero 16. Ai quali, sostiene Finalmente liberi, si aggiungerebbe perfino un magistrato di carriera, il quale siede anche nel comitato scientifico di una cooperativa milanese che fa assistenza ai minori. Adesso l’organizzazione farà in modo di segnalare ufficialmente i 211 casi che ha individuato a tutti i Tribunali interessati. Aspetterà le risposte, poi trasmetterà il suo dossier al Csm. A quel punto si vedrà se il Consiglio vorrà intervenire. E se il ministero della Giustizia porrà fine allo scandalo.
Panorama - 15 ottobre 2015 - Maurizio Tortorella
Il Presidente della Romania Traian Băsescu
e il libro “Bambini Costretti al Silenzio” di Isabella Pulpan
Il Presidente Traian Băsescu in visita al Vaticano da Papa Benedetto XVI incontra la Dott.ssa Pulpan Izabela
e i rappresentanti della comunità della Romania in Italia presso l'Ambasciata
vremeanoua - 18 febbraio 2013
Genoveva Izabela Pulpan giornalista internazionale, stabilitasi a Napoli da cinque anni, e Presidente di Stranieri in Italia; nel novembre dello scorso anno aveva pubblicato un libro in cui cercava di attirare l'attenzione su alcune ingiustizie commesse dallo Stato italiano nei confronti di lavoratori stranieri in Italia nonchè di lavoratori provenienti dalla Romania. Difatti dietro a tali ingiustizie si nasconde in realtà un business da miliardi di euro. Il 15 febbraio, approfittando dell’occasione, ha donato al Presidente della Repubblica di Romania il libro da Lei scritto, intitolato "Bambini costretti al silenzio e madri perseguitate dalla giustizia", per informare il Capo di Stato della Romania nella speranza che lo legga e cerchi di contribuire a risolvere i problemi presentati a cui sono sottoposti i propri concittadini venuti per lavorare legalmente sul territorio italiano.
"Copii obligati la tãcere si mame persecutate de lege", nella traduzione: "Bambini costretti al silenzio e mamme perseguitate dalla giustizia".
Il libro è composto da 208 pagine che dimostrano come ogni anno vengano sottratti 30mila bambini alle famiglie, soprattutto straniere venute in Italia per lavorare, tra cui molte dalla Polonia - Ucraina – Moldavia - Romania e oltre, tra cui anche italiane, per un volume d'affari di 1 miliardo di euro l'anno. Per ogni singolo bambino allontanato da una famiglia per motivi inventati dagli assistenti sociali (con relazioni preparate ove nessuno controlla la veridicità), la casa famiglia dove i bambini vengono deportati riceve dai 150 ai 500 euro al giorno! Non dovete essere una famiglia senza reddito e troppo impegnata nel lavorare, basta che un'assistente sociale vi veda per iniziare a dire che siete senza tempo per i bambini e, in breve tempo, dopo tante posticce e svariate invenzioni, vi sveglierete che sta venendo a prendere vostro figlio dal suo letto insieme a 14 poliziotti per togliervelo e portarlo in una struttura denominata “casafamiglia” dove la famiglia non conta più niente!...
Un chilogrammo di bambino costa più di un chilogrammo di eroina
Un senatore italiano, l’On.le Antonio Guidi, ha affermato che in Italia "un kg di bambino costa più di un kg di eroina", riferendosi proprio al denaro che grava sulle spalle di bambini innocenti per volere degli assistenti sociali che detengono il potere assoluto, essere delegati in Italia dai giudici a portare in Tribunale le “relazioni” familiari. I bambini italiani e stranieri, dopo essere stati sequestrati dai servizi sociali, vengono deportati nelle strutture casafamiglia dove vivono una vita dura. Nel libro sono riproposti anche i testi di cronaca che parlano delle indagini della Guardia di Finanza che scoprono gravi abusi sui minori.
L'autore di fatto dimostra l'obiettivo umanitario del libro
Ogni libro ha un prezzo perché ogni autore deve guadagnarci; gli scrittori vivono di questo, ovviamente. La nostra giornalista non vuole guadagnarci, ma vuole aiutare e dare la possibilità a tutte le mamme di leggere questo libro: "il libro è dedicato anche alle mamme che a malapena riescono a sopravvivere con i loro piccoli... come posso chiedere anche solo 1 euro per un libro ad una mamma che deve prima pensare al cibo per i propri bambini? Questo libro contiene tanti consigli che, se le mamme li leggono, sanno cosa devono fare, cosa devono evitare per non avere la sfortuna di vedersi allontanare il bambino; una persona informata è salvata a metà"...
Proposta di legge che prevede la limitazione del potere assoluto degli assistenti sociali
L'autore, spinto dal desiderio di contribuire a dare una soluzione a questo macabro problema, abbozza una proposta di legge alla fine del libro. Questa legge, normalmente, secondo la Costituzione italiana, potrebbe essere promossa dalla “volontà popolare” se raccogliesse le firme richieste secondo la normativa in vigore. Comunque l'autrice e promotrice promette di inviare la copia ultimata a tutti i politici del parlamento italiano in carica affinchè comprendino la gravità della situazione che ogni famiglia rischia di correre nel vedersi portar via i propri figli, e quanto sia pericoloso il contesto, perché si rischia di distruggere intere generazioni.



minori - 11 febbraio 2013
L’istituzione dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza - avvenuta ad opera della legge n. 112 del 12 luglio 2011 che la descrive quale figura specificatamente deputata ad operare per assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi di bambini e adolescenti - costituisce per la Repubblica italiana un sicuro progresso, e il fatto che nel novembre 2011 sia stato per la prima volta nominato il Garante nazionale dà concretezza alla scelta del nostro Stato di dotarsi, finalmente, di quello che è considerato, a livello internazionale, uno degli strumenti più importanti per la protezione dei diritti e degli interessi delle persone di minore età. Peraltro, con questa legge si è anche dato “nuovo smalto” a quanto sancito, già nel 1947, nella Carta Costituzionale la quale, al secondo comma dell'art. 31, stabilisce che la Repubblica "protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo".
Significativamente il primo articolo della legge n. 112/2011 indica, come sua principale finalità, l’attuazione della Convenzione Onu del 1989 e di altre convenzioni internazionali di protezione dell’infanzia [1]. Il particolare riferimento alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176) può essere considerato “dovuto” visto che è stata la prima a chiedere, pur senza obbligare direttamente gli Stati parte, che “gli Stati parte sono tenuti ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla Convenzione” [2] e che "al fine di garantire e di promuovere i diritti enunciati nella presente Convenzione, gli Stati parti accordano gli aiuti appropriati ai genitori ed ai rappresentanti legali del fanciullo nell'esercizio della responsabilità che incombe loro di allevare il fanciullo e provvedono alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo" [3]. Infatti è al Comitato Onu sui diritti del fanciullo che è demandato il controllo circa i diritti dell’infanzia, e nel General Comment [4] (CRC/GC/2002/2) del 13-31 gennaio 2003 il Comitato, nel definire il ruolo delle istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani in materia di promozione e protezione dei diritti dell’infanzia, individuava nell’istituzione del Garante l’effettiva volontà politica di attuare i diritti dei bambini e degli adolescenti [5].
Con questa legge dunque l'Italia - che pur negli anni ha dimostrato di essere uno Stato sollecito e sensibile alle problematiche minorili istituendo numerosi organismi dotati di specifiche competenze in materia – è andata a colmare una lacuna legislativa che solo parzialmente un nutrito gruppo di Regioni [6] aveva coperto, nei limiti delle loro competenze, istituendo delle figure preposte a tutelare i diritti dell'infanzia a livello locale e che la legge ha giustamente valorizzato istituendo la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza composta dai garanti regionali per l'infanzia e presieduta dalla stessa Autorità al fine di collaborare e promuovere l'adozione di linee d'azione comuni per un costante scambio di dati e di informazioni ponendosi come uno snodo essenziale tra i territori regionali italiani che presentano una variegata realtà di normative.
La legge ha anche affidato alla nuova Autorità di garanzia il compito di difendere i diritti dei minori ad ampio raggio intervenendo sui grandi temi dell'infanzia e dell'adolescenza con uno sguardo particolarmente attento ai minori provenienti da contesti difficili e quindi più vulnerabili come, per esempio, quelli tutt’ ora istituzionalizzati.
I compiti attribuiti all’Autorità garante si articolano soprattutto in funzioni promozionali culturali e formative e quindi di sensibilizzazione e diffusione della conoscenza dei diritti di bambini e adolescenti, ma anche in quelle dirette a rendere effettivo l’esercizio dei diritti riconosciuti a tutti i livelli ai minorenni, pur non essendo una figura investita della tutela giurisdizionale che, correttamente, resta di competenza dell’autorità giudiziaria. La sua funzione non corrisponde quindi a quel complesso di istituti classici della difesa dei diritti, ma entra piuttosto nel merito di una sua difesa extragiudiziale, la quale si muove attraverso strumenti di mediazione, di riformulazione di interessi o diritti individuali o diffusi che attengono alla qualità della vita dei cittadini.
Tra le funzioni assegnate all’Autorità alcune rivestono una particolare importanza come la possibilità di esprimere pareri su disegni di legge e atti normativi del Governo e sul Piano di azione e di intervento per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, o quella di offrire pareri ad altri organi istituzionali. Molto importante è anche la funzione di ascolto dei minori, attività istituzionale fondamentale per poter realizzare completamente la sua attività di promozione al fine di individuare il miglior interesse del minore e segnalare al Governo, alle Regioni e agli enti locali iniziative opportune come quelle di consultazione delle persone di età minore e quelle delle associazioni familiari, soprattutto con le associazioni operanti nel settore dell’affido e dell’adozione. L'Autorità Garante è inoltre chiamata a collaborare - oltre che con organismi internazionali ed europei per promuovere l'attuazione delle convenzioni internazionali e della normativa europea vigente - anche con le reti internazionali dei Garanti e dei garanti per l'infanzia istituiti nelle regioni, o con figure analoghe che le regioni stesse possono istituire, con i medesimi requisiti di indipendenza, autonomia e competenza esclusiva in materia di infanzia e adolescenza previsti per l'Autorità garante, al fine di adottare linee comuni in modo da poterle promuovere anche in sede internazionale.
All’Autorità è attribuita a livello nazionale anche la funzione di effettuare studi e ricerche sulle tematiche minorili, avvalendosi dei dati e delle informazioni degli Osservatori che si occupano di studiare e monitorare la condizione afferente l'infanzia e l'adolescenza (in particolare, il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza, l'Osservatorio nazionale sulla famiglia, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile [7]); può inoltre ricevere specifiche segnalazioni relative a violazioni dei diritti dei minori, effettuare segnalazioni agli uffici competenti in merito a situazioni pregiudizievoli o di abbandono prendendo in esame "anche d'ufficio" situazioni delle quali è venuto a conoscenza in qualsiasi modo nelle quali è possibile ravvisare la violazione (o il rischio di violazione) dei diritti dei minori. In tali casi, assunte le dovute informazioni e fatte le conseguenti valutazioni, può segnalare alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni le situazioni di disagio delle persone di minore età e, alla procura della Repubblica competente, gli abusi che abbiano rilevanza penale o per i quali possano essere adottate iniziative di competenza della procura medesima. L’Autorità può infine andare ad incidere sui temi della giustizia minorile e familiare mediante lo svolgimento di un’attività di sensibilizzazione e di sviluppo della cultura della mediazione (penale e familiare) e di ogni altro istituto atto a prevenire o risolvere, con accordi, conflitti che coinvolgono persone di età minore, stimolando la formazione degli operatori del settore (articolo 1, comma 1, lettera o).
La legge istitutiva disegna la nuova Autorità garante come un organo monocratico nominato d'intesa dai Presidenti della Camera e del Senato e scelto "tra persone di notoria indipendenza, indiscussa moralità e specifiche e comprovate personalità nel campo dei diritti dei minori nonché delle problematiche familiari ed educative di promozione e tutela delle persone di minore età". Il suo mandato dura quattro anni ed è rinnovabile una sola volta e, durante lo stesso, la persona chiamata a rivestirlo non può esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività che interferisca con l'esercizio delle funzioni e dei compiti che gli sono stati assegnati. Inoltre come tutte le "autority" l’Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza "esercita le funzioni e i compiti assegnati, con poteri autonomi di organizzazione, con indipendenza amministrativa e senza vincoli di subordinazione gerarchica" anche se, a differenza di quanto previsto per le altre autorità di garanzia presenti nel nostro ordinamento giuridico, non gli è stata concessa l’autonomia regolamentare e infatti il relativo regolamento che ne disciplina il funzionamento è stato approvato con decreto del presidente del consiglio dei ministri [8].
Nella Relazione annuale al Parlamento del 18 aprile 2012 l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza sottolinea alcuni temi cruciali e urgenti da affrontare per primi come quelli collegati alla difficile situazione economica del Paese che sta mettendo a rischio la situazione di bambini e adolescenti a causa dei forti tagli alle politiche a loro destinate e segnala alcuni temi che preoccupano maggiormente come quello della povertà e delle discriminazioni, l’inclusione dei minori stranieri e dei minori non accompagnati che arrivano in Italia, la riforma del sistema della giustizia minorile. A tale proposito, emerge la necessità di iniziative che il Parlamento dovrebbe adottare sia a livello legislativo che a livello di indagine e di indirizzo, ambiti nei quali riveste un ruolo chiave la Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza e viene messo in evidenza come la necessità di una riforma del sistema di giustizia minorile, pur preso a modello da diversi Stati in ambito penale, è interessato da problemi che ne inficiano la capacità di una risposta incisiva, adeguata e rapida alle controversie, soprattutto civili, che riguardano i diritti di bambini e adolescenti e le loro relazioni familiari. A tal fine occorre disciplinare prima di tutto la posizione processuale del minore, in particolare, il suo ascolto nelle varie fasi del procedimento. Permangono infatti, su questo punto, rilevanti disomogeneità sul territorio nazionale, legate soprattutto a varie prassi interpretative ed applicative che disorientano e non consentono una effettiva tutela dei diritti.



[1] In ambito europeo il riferimento è la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge 77/2003 dove, all'art. 12, si chiede agli Stati parti di incoraggiare la promozione e l'esercizio dei diritti dei fanciulli attraverso organi aventi, tra l'altro, funzioni di formulare proposte per rafforzare il dispositivo legislativo relativo all'esercizio dei diritti dei fanciulli, e pareri sui progetti legislativi relativi alla stessa materia.
[2] Cfr. art. 4 della Convenzione.
[3] Cfr. art. 18, comma 2, della Convenzione.
[4] Il Comitato emana regolarmente la sua interpretazione del contenuto delle norme sui diritti umani, nella forma di Commenti generali su questioni tematiche, al fine di assistere gli Stati parti nel compimento dei loro obblighi sanciti dalla Convenzione e di sostenere le organizzazioni internazionali e le agenzie specializzate nel conseguire la piena realizzazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione.
[5] Più recentemente, nell’ottobre del 2011, il Comitato Onu tramite le sue Osservazioni Conclusive all’Italia, nel valutare la legislazione degli Stati ratificanti che avessero o meno prodotto una legislazione specifica sul Garante aveva apprezzato la situazione italiana pur rammaricandosi del fatto della mancanza di omogeneità per i Garanti regionali.
[6] Fra i problemi da mettere in evidenza per i Garanti regionali si segnala il fatto che la nomina effettiva del Garante non è stata fatta da tutte quelle che l’hanno istituito e che in alcuni casi è il difensore civico a svolgere le funzioni di garante e non una figura specializzata. Cfr. sul punto dei Garanti il recente Monitoraggio dell’Osservatorio nazionale sul Piano nazionale infanzia e adolescenza (D.P.R. 21 gennaio 2011, Terzo Piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva) in corso di pubblicazione.
[7] Nella prima Relazione al Parlamento dell’Autorità garante del 2012 si evidenzia la necessità di continuare il prezioso lavoro realizzato dagli Osservatori e da tutti coloro che sono oggetto di una mappatura per far emergere con chiarezza la funzione di tutti i soggetti istituzionali che a vario titolo si occupano di bambini e adolescenti e del coordinamento e della collaborazione tra tutti questi soggetti, requisito indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi voluti dalla legge.
[8] D.P.C.M 20 luglio 2012, n. 168, Regolamento recante l'organizzazione dell'Ufficio dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, la sede e la gestione delle spese, a norma dell'articolo 5, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 112.
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