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Il Tribunale stabilisce un incontro a settimana tra padre e figlia dopo la separazione dalla ex, con la presenza degli operatori sociali del Comune che al momento non ci sono



Un uomo ottiene di vedere la propria figlia, portata via dall’ex compagna e madre della piccina in una cittadina del Maceratese, nonostante che il provvedimento del Tribunale civile stabilisca un incontro a settimana anche ad Agosto, questi non saranno garantiti per circa un mese.
ilrestodelcarlino - 31 luglio 2024

Il motivo?
Le ferie degli Assistenti Sociali che devono presidiare agli incontri protetti.
Si trova in questa situazione un padre 46enne di Ancona che, tramite il suo avvocato, ha scritto a varie istituzioni tra cui il sindaco del Comune dove hanno sede gli incontri con la figlia, che non ha ancora compiuto tre anni; si è rivolto anche al prefetto di Ancona, al Garante Regionale dei Diritti, al Tribunale, alla Procura Ordinaria e Procura Generale.
“L’interruzione degli incontri costituisce un atto illegittimo rispetto a quanto disposto dal Tribunale Civile di Ancona con il decreto del 10 maggio scorso – LO DICE LA LEGGE – nonché importante diritto insopprimibile della minore a poter mantenere un rapporto costante e continuativo con il proprio padre”.
Il padre della bambina Chiede “un intervento immediato di tutte le Autorità” affinché le visite tra lui e la piccola “vengano garantite anche nel mese di agosto”.
In via subordinata, l’intervento del pronto intervento sociale.
Lo stop agli incontri sarà dal 5 al 25 agosto.
Le visite alla bambina, in un ambiente neutro e con la presenza degli assistenti sociali, sono iniziate solo l’11 luglio scorso (il padre può vederla un’ora a settimana), dopo 60 giorni dal decreto del Tribunale.
Dal 10 maggio ad oggi il padre ha incontrato la bambina tre volte. “I servizi sociali hanno spiegato il ritardo nell’avvio del percorso di incontro padre-figlia – osserva il legale – per improvvisa assenza di un operatore e per la difficoltà a reperire i recapiti del padre della bambina che invece erano peraltro ben forniti”.
L’uomo ha avuto la bimba dall’ex compagna, con cui ha avuto una relazione durata 4 anni.
Il 26 dicembre del 2021 la donna è tornata a casa dei genitori portandosi la figlia e dal quel momento è iniziato il tira e molla giudiziario per la bambina.
Entrambi, per il tribunale, hanno la capacità genitoriale come stabilito all’esito di un lungo percorso davanti al consulente tecnico d’ufficio, nominato dallo stesso tribunale.
“Nonostante il provvedimento del Tribunale sia di quasi tre mesi fa – conclude l'assistente legale del papà della bambina – e dopo tre visite con la piccola gli incontri vengono sospesi per ferie, nessuno ad oggi è ancora intervenuto”.
Sappiamo bene che quando una famiglia si spezza e dei genitori si separano a farne le spese maggiori sono spesso i bambini. Quando poi le istituzioni che dovrebbero provvedere alla miglior tutela dei minori perdono colpi e non assolvono pienamente alle loro funzioni, questi disagi diventano ancora maggiori. È quello che sta avvenendo nel maceratese a una bimba di nemmeno tre anni che per l’intero mese di agosto non potrà trascorrere il tempo accordato dal giudice al padre, perché gli operatori dei servizi sociali che dovrebbero vigilare sugli incontri sono in ferie. Non sta a noi giudicare la condotta dei genitori che si sono trovati in questa situazione, e ci mancherebbe altro, ma ci riguarda invece l’inefficienza di una struttura pubblica che ha un ruolo troppo importante per potersi interrompere, così banalmente, per le ferie estive. È importante capire che questo disservizio non riguarda solo il genitore, che pure vede un suo diritto ingiustamente menomato, ma principalmente la bambina: è lei che dev’essere la destinataria principale delle attenzioni delle istituzioni, è lei l’anello debole, già vittima di una catena di inciampi e disagi ai quali certo non si possono aggiungerne altri che sarebbero evitabili. Ogni strumento destinato a salvaguardare i più piccoli deve essere potenziato e valorizzato, investendo tutte le risorse che servono. E non ci sono scuse: i soldi che servono per i bambini non possono mancare.



pressenza – 18 maggio 2024
Appello a difesa del diritto degli studenti minorenni a manifestare senza essere manganellati.
Adesioni: appellogenitori@gmail.com
Signor Presidente della Repubblica "Sergio Mattarella",
siamo decine di genitori di ragazze e ragazzi che frequentano la scuola superiore. Una di loro, studentessa di un liceo di Roma, è tornata a casa con la testa spaccata dal manganello di un poliziotto. Un’altra, colpita ripetutamente alle costole, è stata portata via in ambulanza. In quella circostanza, almeno cinque studenti minorenni sono stati feriti dai colpi dei poliziotti che affrontano armati e in tenuta antisommossa i giovani disarmati e a volto scoperto. Era già successo a Pisa, a Firenze: studenti minorenni che manifestano pacificamente il loro dissenso vengono brutalmente caricati, percossi, lasciati a terra da adulti che avrebbero il compito di proteggerli, di garantire l’esercizio dei loro diritti.
Come genitori, ci rivolgiamo a lei, Signor Presidente, per esprimere il nostro sconcerto e la nostra preoccupazione. La Costituzione della quale lei è garante, la Carta che le nostre figlie e i nostri figli studiano a scuola, assicura il diritto di manifestare, di riunirsi pacificamente e senza armi, la libertà di esprimere il proprio pensiero. È questo che insegnamo in classe e in famiglia ed è questo insegnamento che i giovani mettono in pratica quando manifestano per difendere il diritto all’aborto, per contestare gli accordi di collaborazione militare con le università israeliane o per chiedere che il governo Israeliano smetta di massacrare migliaia di donne, bambini, ragazzi come loro.
Quando però le nostre figlie e i nostri figli scendono in piazza per esercitare questo diritto e far sentire la loro voce rischiano di finire al pronto soccorso. Non si tratta più di casi isolati ma di un copione che si ripete. Si ripete, signor Presidente, quando a scendere in piazza sono gli studenti. A ogni intemperanza le forze dell’ordine reagiscono caricando e sferrando colpi di manganello, ferendo chi capita a tiro, traumatizzando tutti gli altri. Non accade lo stesso con gli ultras armati di spranghe che mettono a ferro e fuoco le città. In quel caso, la furia di tifosi adulti viene tollerata e contenuta senza far scattare ogni volta la conta dei feriti.
Perché, invece, gli studenti minorenni e disarmati vengono manganellati? Le nostre figlie e i nostri figli tornano a casa impauriti, sgomenti, arrabbiati. Raccontano dei coetanei a terra, del sangue, delle ferite, delle cariche, ci mostrano i video girati con i loro telefoni. La violenza delle forze dell’ordine rischia di innescare nei giovani più suggestionabili una risposta violenta. A questo si vuole arrivare? «Dal corteo sono partite offese», leggiamo nei resoconti giornalistici. E quindi? Compito dei poliziotti che si confrontano con un corteo di minorenni, quando anche alcuni dei ragazzi dovessero urlare parole offensive, non è quello di agire con giudizio e moderazione? Quale esempio vogliamo dare? Come dobbiamo comportarci noi adulti, noi genitori? Dovremmo scoraggiare le ragazze e i ragazzi dal manifestare? «Vai, mai stai attenta. Non metterti davanti con lo striscione» diciamo loro: «o rischi che ti arrivi una manganellata». Sa cosa ci rispondono, Signor Presidente? «Mamma, se non arriva a me arriva a un’altra ragazza o un altro ragazzo che come me non ha fatto niente».
Vogliamo che manifestare sia un diritto e non un pericolo. Chiediamo che gli uomini e le donne delle forze dell’ordine, pagati con i nostri soldi, siano in piazza per garantire questo diritto costituzionale e non per reprimere chi lo esercita.
Chiediamo che anche in Italia venga finalmente apposto il numero identificativo sulla divisa di ogni poliziotto per individuare chi, con il pretesto della difesa dell’ordine pubblico, si accanisce con violenza sui giovani disarmati alimentando in tutti loro la sfiducia nelle istituzioni che lei, Signor Presidente, rappresenta.




Questi i sono i Primi 200 firmatari:
Milena Achilli, Augusto Agliani, Giovanna Agostini, Vera Agostini, Alessandra Agrello, Giulia Angioli, Livia Angotta, Carlo Amato, Andrea Amicucci, Raffaella Ammirati, Michele Arcarese, Suleima Autore, Antonia Maria Baccarini, Elisabetta Baiocco, Giacomo Balla, Michela Bandiera, Manuela Barani, Anna Maria Barbatti, Bruno Battistella, Francesca Bencetti, Chiara Bergamini, Elsa Bertholet, Francesca Besemer, Francesco Bertolini, Giglia Bitassi, Ricciarda Botti, Francesca Bove, Vanda Bouché, Francesca Bravo, Cristina Broglia, Katia Bruno, Carlotta Bettanini, Mariangela Caiffa, Loredana Callarello, Vincenzo Campo, Mariapia Candreva, Elisabetta Cantarella, Nadia Cappelletti, Patrizia Carbone, Francesco Careri, Francesca Carillo, Alice Adams Carosi, Luisa Carrella, Paolo Catapano, Laura Ciapponi, Ascanio Celestini, Luciano Cerasa, Elisabetta Cilenti, Claudio Cittadini, Maria Luigia Collu, Anna Colombini, Germana Condò, Shaheenah Coowar, Valeria Cozzani, Damiano Crescente, Cristiano Crescenzi, Giusi Cristiano, Valentina Crivellari, Susanna Crostella, Licia Cutini, Massimo Dall'Ora, Luigia D’Amato, Serena D'Ambrogi, Anna Maria D’Angeli, Claudio D'Antonio, Daria de Benedetti, Marta Debetto, Francesca della Ratta, Caterina Del Papa, Luigi de Magistris, Giuseppe De Marzo, Donatella De Salvo, Maria Francesca De Vincenzi, Francesco di Giacomo, Elena Fabris, Mara Fabro, Flora Farina, Anna Falcone, Aldo Femia, Serena Fenziani, Margherita Ferrucci, Anna Maria Filotico, Francesca Fornario, Simona Francavilla, Giovanna Franchetti, Lucia Frapparelli, Luana Fraticelli, Chiara Frontini, Sabrina Galasso, Roberta Giampietri, Irene Gioia, Gabriella Grasso, Giovanna Guarino, Gabriella Guido, Sabrina Iacopini, Alessandro Iasevoli, Ilaria Iozza, Maria Inversi, Alessandra Leone, Daniela Licciardi, Giouzel Liousikova, Solvejg, Raffaella Locurcio, Robert Lloyd, Sonia Macchia, Silvia Maimone, Marcella Majnoni, Caterina Majolino, Rino Mancini, Silvia Manfredi, Francesco Mantovani, Valntina Mari, Valentina Maselli, Giordano Masini, Sara Massaccesi, Assunta Maria Matteucci, Cristina Mazzi, Francesca Mazziotta, Maurizio Melchiorre, Flavia Micci, Maria Miele, Paola Miscia, Antonia Mocci, Marco Molle, Giulio Monarchi, Antonio Montagna, Elena Montagna, Marco Montuori, Valeria Mossi, Antonello Mura, Anna Murmura, Simona Nunziata, Francesca Pacini, Chiara Pandolfo, Marilena Pappagallo, Valentina Parlato, Maria Patella, Daniela Pellacani, Michel Pellaton, Roberta Peleggi, Vincenzo Peris, Luigina Perosa, Roberta Pestalozza, Tiziana Petitta, Daniele Petruccioli, Riccardo Pezzetti, Mario Piancaldini, Mauro Piccinelli, Anna Maria Piccoli, Stefano Poli, Francesca Pompeo, Susanna Poole, Giampietro Preziosa, Adriana Proietti, Marco Puccioni, Loredana Punturello, Laura Puppato, Federica Quattrucci, Fabrizio Quintili, Marzia Ramacci, Emanuele Ranesi, Monica Repetto, Roberta Roberti, Erminia Romano, Valerio Romito, Anna Maria Rossi, Rossella Ruggiero Rubino, Lorella Russo, Raffaella Russo, Fabrizio Sagone, Giulia Sagone, Simone Sagone, Martina Savastano, Armando Savoia, Chiara Sbordoni, Alberto Scala, Anna Schoeberl, Anna Lisa Secchi, Vera Silveri, Lorena Silvestri, Ingrid Sivori, Giovanni Spagnolo, Andrea Spampinato, Rosalba Spera, Patrizia Staffiere, Giulio Steve, Andrea Tenaglia, Claudia Teodonio, Renata Nerina Torrente, Chiara Torricelli, Antonio Totaro, Paola Trapani, Davide Tutino, Carlo Vaccari, Mario Valentini, Dirce Veiga, Rita Venturi, Nadia Versari, Paola Vietti, Tiziana Vivarelli, ed altri 250mila ad oggi...



Tra un mese e mezzo le scuole saranno chiuse e se molte famiglie hanno il problema di trovare un posto libero in un campo estivo valutando i costi e cercando di far quadrare il tutto con le ferie, per i genitori di un bambino disabile o neurodivergente la situazione - tra difficoltà nel trovare un luogo adatto e prezzi - è quasi impossibile.
Il cortocircuito è ricorrente e si estende in tutto il Paese: per prima cosa bisogna trovare un centro che accolga il bambino. In certi casi, va poi anche trovato l'educatore con la professionalità necessaria a occuparsi di lui. Oppure, ci si può rivolgere a un centro specializzato, dove però si va a perdere la ricchezza reciproca di stare insieme ai cosiddetti normodotati.
«Gli unici campi estivi che troviamo in regione - spiega Sara Balotta, madre di due figli di cui uno autistico - sono quelli fatti dalle associazioni specializzate. Certo, non hanno un costo irrisorio, ma il vero problema non è questo. A noi preme di più l'inclusione. Gli altri centri ci dicono che non accettano i nostri figli, questa è la delusione più cocente».
ansa – 29 aprile 2024




"Mandare un figlio disabile al campo estivo significa pagare un costo extra di circa 100 euro al giorno. Ora ditemi se questa non è una discriminazione". È la denuncia di Sara Balotta, una madre di 40 anni di Barco di Bibbiano, nel Reggiano, che ha due figli di 3 e 5 anni, quest'ultimo con un autismo di livello 2 con iperattività grave. A raccontare la storia è l'edizione odierna de il Resto del Carlino di Reggio Emilia.
"Parliamo con numeri alla mano.
Il costo medio di un campo estivo in Italia si aggira tra i 100 e i 150 euro a settimana.
Se sei disabile devi avere un sostegno e quindi un costo extra - a carico del genitore - di circa 100 euro al giorno. Al giorno.
Diventano così 650 euro a settimana per 5 ore, quindi solo per la mattina", spiega la donna che ha aperto anche un blog molto seguito, attraverso il quale sensibilizza sul tema delle disabilità anche tramite denunce quotidiane.
"Che belli i campi estivi. Luoghi di incontro, gioco, scoperta e crescita. Se non sei povero e nemmeno disabile - continua Balotta - Ma un campo estivo dove non ci sono diverse etnie diverse culture e disabilità è davvero un luogo di scoperta e crescita? Peccato che in Italia i campi estivi variopinti non esistano. Oltre ad un costo veramente eccessivo che hanno, sono anche discriminanti verso le disabilità. Sì perché, quando hai un figlio disabile non sempre entrambi i genitori lavorano, spesso ne lavora soltanto uno e quindi le disponibilità economiche per forza di cose sono limitate". La donna ha dovuto abbandonare il lavoro per accudire il suo bimbo. «La beffa è soprattutto d'estate per noi famiglie 'diverse' - incalza -. Mettiamo la fortuna che il Comune di riferimento diventi improvvisamente magnanimo e offra l'educatore, a titolo gratuito: per accontentare tutti dovrebbe far fare solo una settimana a bambino. Quindi sarete d'accordo con me se la triste conclusione è: mio figlio solo perché disabile non può fare campi estivi, ergo non avrà possibilità di socializzazione né di insegnare agli altri bambini il suo mondo"
Anche se sono molti i Comuni che allestiscono stabilimenti e luoghi interattivi per disabili, rimangono comunque tante le persone che trovano difficoltà - soprattutto economiche - per fare socializzare i figli affetti da patologie. «L’autismo, per molti, non è un dono - ha concluso la mamma - è una lotta senza fine contro istituzioni, luoghi di lavoro e bulli. Diventerà un dono quando un bambino autistico non vorrà essere cambiato, ma capito e ascoltato con il cuore».
La denuncia di Francesca
ilprimatonazionale - 16 Dicembre 2019 - Davide Di Stefano
Roma, 16 dic – Crescere cinque figli in mezzo a mille difficoltà, riuscire comunque a garantire a tutti loro un’istruzione e una famiglia unita, avere un marito, dei nonni presenti, un lavoro, una casa di proprietà. Ma, nonostante tutto questo, pochi giorni prima di Natale, i tuoi figli ti verranno portati via, collocati a forza in due case famiglia differenti. E’ questo l’incubo che sta vivendo Francesca Di Napoli, romana di 37 anni e impiegata in una ditta di pulizie. “In base alle dichiarazioni false di un assistente sociale e di un tribunale che non ci ascolta, hanno deciso che io e mio marito non siamo in grado di fare i genitori. E’ una situazione terribile”, racconta Francesca al Primato Nazionale.
L’incubo di Francesca Di Napoli, di suo marito Juan Carlos Biandrati e dei loro cinque figli inizia l’anno scorso. E’ il 22 giugno del 2018 quando il Tribunale dei minori con un decreto affida Alessandro, il loro secondogenito nato nel 2005, ai servizi sociali del settimo municipio di Roma. Il figlio può rimanere a casa con i genitori ma tutte le “decisioni maggiormente rilevanti per la vita del minore” verranno effettuate dal servizio sociale. Tutto nasce da una segnalazione delle insegnanti di Alessandro, che ravvisano assenze a scuola, trascuratezza e ritardo nell’apprendimento. Da qui parte una consultazione con il Tsmree locale (Tutela della Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva), un percorso riabilitativo al quale, secondo i giudici, i genitori hanno aderito solo “parzialmente”.
I genitori di Alessandro si recano dunque al Cim per le valutazioni psicologiche che danno esito positivo. Al tempo stesso Francesca porta regolarmente Alessandro agli incontri con lo psicologo, il dottor Beniamino Marchi, nonostante sia sempre lei a dover chiedere le date degli incontri, spesso fissate con pochi giorni di preavviso creandole non pochi problemi al lavoro. Sempre nel giugno del 2018 avviene il cambio dell’assistente sociale incaricata di seguire la situazione di Alessandro e della sua famiglia, viene nominata Maria Dell’Abate, con cui Francesca non riesce ad instaurare alcun rapporto: “Mi informava degli appuntamenti sempre con pochissimo preavviso, le ho chiesto anche il numero del cellulare”, spiega la madre di Alessandro, “ma mi ha sempre lasciato solo il numero dell’ufficio dove non rispondeva mai o si faceva negare. Non mi richiamava mai”.
La storia di Francesca, suo marito e i cinque figli



Le foto di Francesca e della sua famiglia



Tra le colpe che Francesca addebita all’assistente sociale anche quella di rinviare all’ultimo momento l’ispezione domiciliare che avrebbe dovuto effettuare: “La sig.ra Dell’Abate per ben tre volte, dopo aver fissato la data dell’ispezione domiciliare, precisamente il giorno 22 febbraio 2019, il giorno 19 aprile 2019 e il giorno 11 ottobre 2019, ha improvvisamente deciso di rinviare l’ispezione da lei stessa fissata“, si legge nel reclamo presentato alla Corte d’Appello da Antonella Rustico, avvocato di Francesca. “Ha falsamente dichiarato al Giudice“, prosegue l’avvocato Rustico, “che conferma “l’impossibilità ad oggi di procedere a visita domiciliare perché la madre mi rimanda la visita giustificandosi con i turni di lavoro” (!), sapendo benissimo che la Sig.ra Di Napoli non ha mai rinviato una visita domiciliare, ma che è stata lei stessa a fissare con breve preavviso ben tre visite domiciliari, e ad a annullarle ogni volta con un preavviso massimo di due ore, una volta perché era malata; una volta perché il Servizio era chiuso per due mesi, e l’ultima volta senza giustificazione; causando i problemi di cui si è detto alla Sig.ra Di Napoli e alla sua famiglia”.
Le mancanze dell’assistente sociale Dell’Abate
L’abitazione di proprietà della famiglia Biandrati si trova nei pressi della fermata metro Giulio Agricola di Roma. Francesca abita lì con il marito e i figli dal 2008. “Appena entrati ho dovuto chiamare la ditta Zucchet per operare la disinfestazione”, racconta Francesca, “e ho dovuto fin da subito fare dei lavori”. Lavori all’impianto fognario che erano in corso anche verso la fine del maggio scorso (per i quali è stato richiesto anche un prestito Findomestic), tanto che Francesca e la sua famiglia si erano trasferiti momentaneamente nella casa di suo padre, nonno materno di Alessandro e degli altri figli. Succede però che proprio il 21 maggio la polizia locale si reca sul pianerottolo in seguito alla segnalazione di un vicino che aveva sentito “il pianto protratto di una bambina”. Nonostante il pianto non provenisse dall’appartamento di Francesca (in quel momento vuoto), la polizia locale ha inviato una relazione ai servizi sociali in cui si faceva riferimento al cattivo odore proveniente dall’abitazione connesso alla fuoriuscita di alcune blatte.
Gli psicofarmaci del nonno
Il giorno successivo la polizia si reca nuovamente a casa di Francesca dove è presente suo suocero, Romano Biandrati. Nella relazione della polizia locale si farà riferimento all’uomo “come sotto effetto di psicofarmaci”. Fatto anche questo smentito da un certificato medico prodotto anche in sede giudiziaria dai legali della famiglia Biandrati. Nelle motivazioni dei giudici che porteranno al decreto dell’8 ottobre scorso, dove si decide l’allontanamento di tutti i figli della famiglia Biandrati, si sostiene che il trasferimento temporaneo del nucleo familiare, a causa di lavori di ristrutturazione, presso l’abitazione del nonno materno a Labico, non sia mai avvenuto. Eppure i vigili hanno assicurato che il 24 e il 31 maggio 2019 tre figli erano con nonno materno e padre a Labico, mentre altri due a scuola e la madre al lavoro.
Con quali motivazioni si distrugge una famiglia?
Dunque le motivazioni che conducono al decreto che toglie la responsabilità genitoriale dei cinque figli a Francesca e Juan Carlos sono queste:
1) La presunta poca collaborazione con i servizi sociali, che in realtà sarebbe dovuta alle mancanze e all’ostilità della stessa dottoressa Dell’Abate;
2) La scarsa igiene della casa familiare e il cattivo odore, che in realtà sarebbero causati da un problema fognario per il quale sarebbero in corso dei lavori;
3) L’abbandono del percorso scolastico da parte del secondogenito Alessandro. Quest’ultimo punto appare il più paradossale, dato che quest’anno il ragazzo ha superato l’esame di terza media e al momento è iscritto alle superiori dove sta conseguendo ottimi voti.
Queste sono le motivazioni che, per una assistente sociale che al 20 settembre scorso non sapeva nemmeno che scuola frequentasse Alessandro (verbale d’udienza) e per un Tribunale che in due anni ha ascoltato una sola volta Alessandro e i suoi genitori, decidendo di adottare misure ancora più drastiche di quelle richieste dal Pm. Tanto che non è stata valutata nemmeno l’opzione di affidare i ragazzi a qualche parente prossimo (tra nonni e zii non mancano), ma si è proceduto direttamente con il collocamento dei tre figli più grandi, Giada, Alessandro e Marco in una casa famiglia, mentre i due più piccoli Marianna e Miriam staranno in un altro istituto con la madre. E il padre da solo nella “vecchia” casa. E, come ci racconta Francesca, quando si è recata presso la casa famiglia, “la stessa signora che la gestisce ci ha detto che magari il Natale potevamo passarlo in famiglia. Ma l’assistente sociale ha detto “no, devono andare subito!””. Una storia che mette i brividi e che continueremo a seguire, per capire grazie anche a casi come questi come funziona il sistema degli affidi in Italia. Bibbiano non sembra acqua passata.
I problemi all’impianto fognario e il cattivo odore
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